Valentina Casadei – “La prima sigaretta”
Il suo primo giorno inspirava troppo poco ed espirava troppo a lungo. Sembrava un gas di scarico malfunzionante. Aveva scelto un pacchetto a caso, del quale apprezzava i disegni esotici di una palma nel deserto e l’idea di evasione che quest’ultima gli rimandava. La commessa aveva subito capito, considerato il suo tentennare per due minuti buoni, che Baptiste non era mai entrato in una tabaccheria in vita sua. Le sigarette, al suo interno, erano lunghe e sottili, molto femminili. Ma questo non lo disturbava particolarmente. Baptiste aveva raggiunto la sua amica Louise ai Jardin des Tuilieries, dove si erano dati appuntamento. Insieme, avevano trovato due di quelle classiche sedie verdi davanti ad una fontana e avevamo cominciato a sperimentare.
“Hai portato il pacchetto?”, Louise era impaziente.
Baptiste, fiero, lo aveva tirato fuori dalla tasca del cappotto, molto lentamente, per creare una buona dose di suspense.
Poi avevano sfilato una sigaretta a testa. Accompagnavano all’entusiasmo per la novità, una certa fierezza di potere scegliere per loro stessi, senza lo zampino dei genitori. Louise aveva cominciato già da una settimana, con le sue compagne di liceo. “E’ troppo figo, devi provare” Baptiste, così, affascinato dal suo charme catalizzatore, la imitava quasi in tutto. Quasi, poiché tutti gli slanci femministi di Louise, la più parte delle volte, inibivano la sua identità sessuale di uomo, ancora informe, indefinita e messa spesso in discussione dal suo lato più sensibile e delicato. Baptiste era cresciuto figlio unico e la realtà che conosceva era quella edulcorata dai gentori, iperprotettivi e iperricchi, che gli compravano tutto, compresi i suoi sogni. Come il piccolo Buddah, una volta scoperto il mondo al di fuori delle mura, Baptiste, al di fuori della porta d’ingresso del suo lussuoso appartamento nel 16ème arrondissement, a Parigi, curioso, amava vivere la novità, il divieto, per il puro autocompiacimento di avere compiuto un atto di trasgressione. Era il suo unico modo per affermare la sua identità, per dire al mondo e soprattutto a se stesso: io esisto.
Accesa la prima sigaretta, i due, goffi, si soffiavano il fumo sul viso l’uno dell’altra. Poi tossivano, il fumo grattava loro la gola. Dopo mezz’ora Louise gli aveva anche dato un bacio, “per vedere che sapore ha baciare dopo avere fumato”, ma ne era rimasta delusa poiché non ne aveva riconosciuta una differenza, avendo fumato a sua volta. Ma a Baptiste questo bacio era piaciuto a prescindere. Si ripromise di non smettere mai più di fumare. E di baciare.
Com’era stato saggio e noioso prima di quel momento. Ecco cosa stava pensando alla fermata dell’autobus. Louise era tornata a casa per finire i compiti di matematica. Baptiste si ritrovava, così, a calcolare in modo inesatto tutte le occasioni mancate in cui avrebbe potuto essere se stesso. Avvilito, si accese un’altra sigaretta. Inspirava, un po’ più profondamente questa volta. E la gola grattava meno.
Arrivato a casa era già ora di cena. Buttò lo zaino sul divano e si mise a tavola dove, i suoi genitori già seduti, avevano appena sistemato sulle ginocchia i rispettivi tovaglioli merlettati color crema.
“Eccomi qua, scusate il ritardo” osò Baptiste, sedendosi a tavola, rapido. Poi aveva cominciato a servirsi da mangiare. La madre, dopo avere catturato l’attenzione di Baptiste, schioccando la lingua, gli aveva indicato il suo tovagliolo, che giaceva a fianco del piatto. Baptiste lo aveva guardato e aveva continuato a servirsi le carote lesse, anche se avrebbe voluto un rivoluzionario cheeseburger.
La madre, schiarendosi la voce, lo aveva invitato gentilmente a mettersi il tovagliolo sulle ginocchia.
“Sii composto, su”, lo rimproverava, moralista.
Che noia, che noia, che noia. Si ripeteva Baptiste. Il rumore dei suoi pensieri che scricchiolavano era assordante.
Aveva seguito una pausa e poi aveva preso coraggio.
“Forse domani, ma stasera non mi va”, aveva obiettato, audace. Il padre e la madre si erano scambiati uno sguardo di tacita disapprovazione. Sapeva che cosa gli sarebbe costato questa sua irriverenza. Un’incommensurabile numero di ore in punizione in camera sua e senza playstation.
Il padre lo invitava ad ubbidire alla madre, più diretto e con meno malizia, minacciandolo di non servirgli l’arrosto.
Sai che perdita? La coscienza di Baptiste rideva, divertita.
Baptiste decise di alzarsi da tavola, controllò di arrivare a cinque euro con gli spicci nelle tasche e uscì di casa. Direzione: il McDonald più vicino. Si accese una delle sue preferite e rivoluzionarie sigarette ed inspirò ed espirò, inspirò ed espirò…
Poi da Louise si baciarono per ore, il sapore della sigaretta era così irresistibilmente nuovo.
Valentina Casadei
A venticinque anni, Valentina Casadei è una sceneggiatrice, poetessa e fotografa italiana. Abita a Parigi da tre anni. Si è laureata in storia dell’arte a Bologna e ha appena finalizzato un master anglofono in regia e sceneggiatura a Parigi. Gli ultimi due anni, ha girato due cortometraggi “Tutto su Emilia” (2016) et “I Nostri Giorni Benedetti” (2017), che sono stati selezionati in molti festival internazionali. Nel mese di settembre, dell’anno corrente, la casa editrice Bertoni Editore pubblicherà la sua prima raccolta di poesie, “Tormento Fragile”.
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