Intervista a Pelagio D’Afro – di Vincenzo Trama
A quanto mi pare di aver capito Paolo Agaraff è attualmente in stato d’ibernazione. Vista la mia idiosincrasia ai social ho l’opportunità di beccare via twitter solo Pelagio D’Afro, a cui chiederò lumi. Con questa intervista cerco di addentrarmi po’ di più nell’ordito psicotropo di questi folli marchigiani. Intanto segnatevi l’indirizzo twitter, così poi accumulo anche io più follower e scalo le Tendenze Italia mangiando gamberetti alla faccia vostra.
https://twitter.com/pelagiodafro
Caro Pelagio, tutti vivi? Tutti presenti? Sempre multiformi e incorporei?
Sempre!!
Ma Agaraff, invece? Vive? Vegeta? Si hanno sue notizie?
Paolo Agaraff è in stato di ibernazione intermittente nel laboratorio segreto del professor Silos Von Lager dal quale fuoriesce per alcune puntate occasionali. Recentemente i suoi racconti con protagonista Matteo Ponzoni di Montespolverato, incluso un inedito, sono stati raccolti in un’antologia digitale (Misteri e efferatezze) dall’editore Origami, e un nuovo racconto del ciclo di Montespolverato vedrà la luce in un’antologia della Carboneria Letteraria che indaga i rapporti tra morte e scrittura, di prossima pubblicazione per i tipi di Homo Scrivens.
L’ idea della collettività, intesa non solo nel processo di scrittura, ma di condivisione culturale – si veda la Carboneria Letteraria – è qualcosa che ti connota sin dalle tue origini. Eppure la scrittura è di per sé un fatto personale, quasi intimo. Come riuscite a darvi fiato senza pestarvi i piedi nelle varie fasi di stesura e di correzione?
Ci permettiamo, almeno in parte, di dissentire: la visione dello scrittore che, pensoso e ispirato, riversa la sua anima sulle sudate carte è stata già rumorosamente sbertucciata dalle avanguardie storiche addirittura un secolo fa, e le riflessioni più recenti del Postmoderno hanno messo ancor più in crisi questa visione. Inoltre, come sai, la letteratura europea nasce con l’Iliade e l’Odissea che, quasi sicuramente, sono opere collettive! Eppure il mito romantico dell’artista solitario non scompare, anche in un’epoca, come questa, che è caratterizzata quasi esclusivamente da opere di autori multipli: collettiva è la realizzazione di film e di serie TV, anche se il mito romantico, la “necessità” romantica, persiste nell’attribuire la paternità di un film al solo regista; e collettiva è la musica, basti pensare ai disk jockey che tengono concerti utilizzando musiche di altri o al fatto che, in questo settore, si parla più tranquillamente di “canzone dei Beatles” o di “brano dei Rolling Stones” (ascoltando registrazioni di brani dei Beatles con o senza Ringo Starr si comprende bene che perfino un batterista tecnicamente non eccelso fa la differenza nell’economia generale di un brano e contribuisce a renderlo un capolavoro); per tornare alla letteratura, molti sostengono che lo stile asciutto e originale di Carver non sia farina del suo sacco, bensì di quella del suo editor, e tutti gli scrittori professionisti oggi passano tra le Forche Caudine degli editor…
A partire da questa premessa, appare chiaro che non possiamo “pestarci i piedi”, anche perché siamo davvero molto amici e nessuno di noi ha atteggiamenti da primadonna; credici: non abbiamo mai litigato in ormai 15 anni di scrittura, e più passa il tempo più la nostra sintonia si rafforza.
I vostri miliardi di progetti paralleli sono il risultato di un’ebollizione cognitiva che non riuscite a tenere a freno o c’è tantissima droga dietro?
AHAHAH! Non assumiamo stupefacenti, per scelta, perché due pezzi di Pelagio sono pubblici ufficiali e perché gli altri due sono coniugi di pubblici ufficiali, ma non ci facciamo mancare il legalissimo alcol; recentemente abbiamo scoperto la legalissima canna light, e ogni tanto la usiamo con soddisfazione; se e quando, auspicabilmente, legalizzeranno le droghe leggere, valuteremo il da farsi…
In effetti abbiamo portato e portiamo avanti tanti progetti, ma questi sono il risultato, appunto, della collaborazione di varie persone, tra Pelagio, Agaraff e Carboneria: ognuno si dedica alle attività dei collettivi quando vuole, quando ha tempo e quando si diverte a farlo, inoltre c’è una sorta di turnazione nella divisione dei compiti (curatela, editing, rapporti con editori e con la stampa, gestione dei social, organizzazione di eventi etc.), in modo che l’impegno sia “leggero”, non stressante, e che si resti nell’ambito del divertimento (in senso lato) scopo precipuo di un’attività non professionale, svolta nei ritagli di tempo lasciati dal lavoro “vero”.
Le rane di Ko Samui tradotte in inglese è cosa buona giusta, ma I ciccioni esplosivi, che pure è free in rete, perché nessuno di prende la briga di ripubblicarlo? Posso farlo io e poi prendermi tutti i meriti?
Non c’è modo migliore per far esplodere nuovamente i ciccioni e bruciare i grassi che metterli nuovamente su carta! Poniamo la nostra ciccia nelle tue mani.
Discorso editoria: come mai non siete mai approdati a una major? Questione di stile, di opportunità, di scelte personali o che altro?
Il 99, 99% di quelli che affermano di aver scelto di non pubblicare con una major mentono sapendo di mentire o, nella migliore delle ipotesi, si autoconvincono nell’ottica del mito romantico (cfr. altra risposta). In realtà le major offrono vari vantaggi: editing professionale, distribuzione capillare del libro, organizzazione di eventi di qualità, ufficio stampa; dal punto di vista economico, si sa, le possibilità di guadagno sono comunque scarse, specie se le royalties o gli anticipi si dividono tra tanti autori, tuttavia già solo il rimborso spese per le presentazioni ci stimolerebbe a muoverci di più al di fuori della nostra regione; l’organizzazione di eventi, i rapporti con gli editori e con la stampa, alla lunga, rischiano di diventare attività non “divertenti” e – vedi anche in questo caso altra risposta – solo il fatto che tutto si fa in compagnia e dividendosi i compiti ha evitato in questi anni che tutto si trasformasse in un oneroso lavoro non retribuito, anzi, in perdita, come tipico di molte attività culturali. È duro a morire un altro mito, quello che ritiene che la piccola editoria sia più coraggiosa, più innovativa e aliena da logiche puramente commerciali; in realtà la stragrande maggioranza di opere letterarie di vaglia è pubblicata dalle grosse case editrici e molti piccoli editori sono solo degli stampatori, visto che richiedono acquisto copie o contributi in denaro e che non fanno né editing né promozione.
Abbiamo inviato manoscritti a grosse case editrici, ma non abbiamo ottenuto risultati; non sappiamo se dipende dal fatto che le nostre opere non sono sufficientemente valide o dal fatto che non sono commerciali, aspetto ovviamente importante per un’impresa editoriale; scrivendo per piacere, spaziamo tra vari generi a seconda dell’estro, del periodo o dell’impulso di un pezzo di Pelagio o di un carbonaro, quindi, forse, non siamo incasellabili in un settore di mercato preciso. Inoltre, vivendo in provincia, non abbiamo moltissime relazioni nell’ambiente editoriale che conta, e le relazioni, anche se ovviamente non devono trasformarsi in favoritismi, sono importanti in un settore saturo di proposte. Va anche detto che non abbiamo sgomitato più di tanto: ogni volta che un piccolo editore “serio” ci ha proposto di pubblicare con lui abbiamo interrotto i tentativi di uscire con una major, nella consapevolezza del fatto che anche autori di vaglia e/o di successo ormai hanno grosse difficoltà a pubblicare e/o a vendere e nel desiderio di dare alla luce le nostre creature. Comunque, il problema della capillarità della diffusione lo abbiamo risolto con la diffusione di alcuni romanzi di Pelagio D’Afro e di Paolo Agaraff come ebook gratuiti una volta concluso il loro ciclo commerciale e nel rispetto dell’investimento economico dell’editore; abbiamo inoltre avuto la fortuna di lavorare quasi sempre con piccoli editori di qualità – primo tra tutti Aldo Putignano di Homo Scrivens – che ci hanno seguito al massimo delle loro possibilità.
Discorso editoria bis: fra self, editoria a pagamento e crowdfunding sembra che la scrittura per un autore – o presunto tale – passi in secondo piano rispetto alla parolina magica pubblicazione. Voi che ne pensate?
A nostro avviso la pubblicazione è lo sbocco naturale dell’atto di scrivere: non crediamo a chi afferma di scrivere per se stesso, anche questa posizione fa parte del mito, visto che la scrittura è un atto comunicativo. Può essere fine a se stessa la veloce scrittura di una poesiola o di un breve testo, ma nessuno può lavorare anni a un romanzo al solo fine di… autoleggerselo.
Sul selfpublishing abbiamo opinioni contrastanti: da un lato pensiamo che ogni stimolo a esercitare la creatività sia positivo, dall’altro non possiamo non notare che è ovvio che tante opere autopubblicate siano inutili, non solo dal punto di vista qualitativo (punto di vista non facile da focalizzare), ma soprattutto dal punto di vista quantitativo: sono troppe, quindi non possono essere lette; del resto, sono troppi anche i testi cartacei, ormai è assodato. A noi, comunque, piace scrivere, ma appunto a tanti piace scrivere e l’editoria è in preda alla crisi già in atto per il mercato musicale e cinematografico. Tanta produzione, pochi soldi da spendere da parte di editori e lettori. Magari potremmo tornare ai cantastorie in formato web? Si narrano storie in cambio di cibo e vino…
Discorso editoria tris: con chi non pubblichereste mai, e perché? (Non vale dire Il Foglio Letterario)
Non abbiamo preclusioni, davvero; in base a quello che ti abbiamo detto prima, non pubblicheremmo mai con un editore che non ci supporta in base alle possibilità che le sue dimensioni gli consentono; non pubblicheremmo ovviamente mai con un editore che ci chiedesse di acquistare delle copie o un contributo, ma questo, pur senza moralismi e nella consapevolezza che ogni situazione di pubblicazione è “a sé”, dovrebbe valere per tutti coloro i quali scrivono.
Non pubblicheremmo mai nemmeno con editori eccessivamente flatulenti (ogni incontro ti lascia addosso qualcosa che non vorresti ricordare) e con editori noti per chiedere favori sessuali agli autori (siamo troppo in là con gli anni).
Basta domande, sennò qui facciamo più Marzullo che Proust. Concludi come ti pare, se ti va. Progetti futuri in cantiere, idee, proposte, consigli promozionali, pubbliche ammende. Insomma, carta bianca.
Come Carboneria Letteraria siamo ancora impegnati nella promozione di un’antologia di racconti, Alla periferia della galassia stanca, pubblicata da Homo Scrivens alla fine del 2017, e, come abbiamo già accennato, ne abbiamo pronta un’altra.
Come Pelagio D’Afro stiamo limando un romanzo che, sia pure con i tempi lenti di cui ti abbiamo detto, ci ha tenuti impegnati per cinque anni.
Un caro abbraccio underground a te e a tutte le creature della notte,
V.Trama
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