Gordiano Lupi – Su Gustavo Pérez Firmat
Gustavo Pérez Firmat
Nato a L’Avana nel 1949. Dice di se stesso: “Sono nato in Cuba, made in Usa. Non posso immaginare una vita distante dalla cultura nordamericana e dalla lingua inglese. Nonostante tutto Cuba resta sempre la mia patria, il luogo più mio, quello che più ha modellato le mie idee e le mie scelte”. Esiliato in USA a 11 anni, studia al Miami Dade College, quindi frequenta l’Università di Miami e del Michigan. Laureato in letterature comparate, dal 1979 al 1999 insegna nell’Università di Duke. Adeso è professore di Letteratura alla Columbia University. Il titolo più recente è l’antologia Sin lengua, deslenguado (Catedra, Letras Hispanicas, Madrid, 2017).
ANTOLOGIA DI LIRICHE
(traduzioni di Gordiano Lupi)
Poesia della cenere
Mi chiedi di ricordare la mia casa
(quella dove son cresciuto): non posso farlo.
La mia casa sei tu, e i bambini
Ormai non presumo altra casa che la nostra.
Se un giorno ho avuto un padre: cenere.
Se un giorno ho avuto una madre: cenere.
Quel che è stato ombelico: cenere.
Quel che è stato origine: cenere.
Soffia una brezza dal sud e folgora qualche brace:
cenere, cenere.
Ottocentotrentatre miglia di cenere.
Trentasei anni di cenere.
Due libri e questa poesia, cenere.
Cenere sono
(senza fenice).
A mio fratello l’impostore
Sei stato così me stesso, che quasi non mi conosco.
Sei stato il nome e l’uomo.
Sei stato i miei numeri, tutti.
Sei stato professore e proprietario
(tutto quel che è mio è stato tuo, non è un modo di dire).
Per te, la mia vita è stata un’altra.
Per te, mi perseguitano banchieri e centralinisti.
Per te, fremo lievemente firmando Gustavo.
Nonostante tutto (e non è stato poco)
chi sono io per disprezzarti?
Una lieve combinazione genetica
e avremmo scambiato le parti:
io, l’impostore, tu, l’impostato.
Inoltre – questa è la cosa importante –
mai siamo stati così fratelli
così carne della stessa carne
come quando con lieve fremito,
anche tu firmavi Gustavo.
La pioggia
Mi manca la pioggia.
Questa notte che finalmente piove a catinelle
so che la pioggia
circonda la casa e la protegge.
(Per la pioggia torniamo a essere isola).
Questa notte so che l’autentico paradiso
non è stato il giardino ma l’arca:
Noè con progenie e creature
addormentati tra le tavole:
pelle contro pelle, bocca contro bocca,
e il cuore vicino.
Questa notte so che non c’è maggior
bene dell’intimità
né maggior lusso dell’isolamento.
Per questo voglio che piova
fino alla fine del mondo,
perché nessuno mai lasci la mia casa.
Figli, ancoratevi a me,
ci sarà bufera per molto.
Matrice e margine
A Roberto Valero
Roberto: giovane fratello maggiore
nella poesia e nella storia:
riconosco il mio deficit di successione.
Nelle tue parole c’è la matrice,
nelle mie, il margine.
Nel tuo accento c’è vigore e allarme,
nelle mie, reminiscenza.
E tuttavia pretendo un turno e una voce
nella nostra storia.
Pretendo di scalfire la coda
di quell’illustre coccodrillo inerte
che ci divora da lontano.
Pretendo la pertinenza e il mare.
Pure matrice è il mio margine.
Il mio ricordo prende vigore come il tuo accento.
Anch’io porto il coccodrillo sulle spalle.
E dico che le sue pinne verdi mi colpiscono
incessantemente.
E dico che mi concedono la parola
e il sentimento.
E dico che senza di loro non sarei quel che sono
e quel che non sono:
una brezza d’ansia e ricordo
che soffia verso l’altra sponda.
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