“Sogni e altiforni” di Gordiano Lupi – prefazione di Stefano Tamburini
Sfogliando questo libro sembra quasi di sentirlo il profumo del tempo passato, l’odore della nostalgia, di quella sana, dolce nostalgia che fa bene al cuore. Quella che libera le menti verso i tempi andati e costruisce un gigantesco dribbling fra tanti amori perduti che in fondo non lo sono mai del tutto. Sono l’amore per una donna e quello per il calcio. Il protagonista è lo stesso di un altro fortunato libro di Gordiano Lupi, Calcio e acciaio, che aveva, continua ad avere un sottotitolo volutamente forviante:Dimenticare Piombino. Perché in realtà non viene affatto dimenticata Piombino, una cittadina della costa toscana davanti all’Isola d’Elba alle prese come tante altre con la decadenza di un’epoca industriale andata smarrita, affievolita quasi come gli amori del protagonista. Anzi, è lo sfondo, parte dello sfondo di una grande storia che si chiama vita, di un passato che ritorna senza in realtà mai essersene andato. C’era tanto amore in quel primo romanzo e ce n’è tanto anche in questo che Gordiano Lupi ha scritto a quattro mani con Cristina de Vita, regalandoci anche l’altra faccia di una medaglia ricca di passione e di nostalgia, l’altra faccia dell’amore. È una storia a tratti anche molto amara, con passaggi fatti di delusioni, di tristezze e di abulie che rendono ancora più vero tutto il vissuto che si respira pagina dopo pagina. È comunque una bella storia, per niente scontata, che ha due punti di vista, che in qualche modo combaciano, rendono giustizia a un amore perduto che perduto non lo è mai stato fino in fondo. Il protagonista è un ex grande calciatore, partito da una piccola cittadina di provincia per poi rientrarci a giocare, ad allenare e soprattutto a vivere con il suo carico di noia e di rimpianti. Rimpianti mai del tutto confessati, neanche a se stesso, completamente incapace come è di amare come vorrebbe. Ma è anche un personaggio stupendo negli slanci di generosità sempre mascherati, travestiti con qualche altra motivazione. Un personaggio capace di cambiare squadra del cuore per l’attaccamento a un giovane calciatore fatto crescere e accompagnato nel cammino del successo fino a fargli vestire la maglia di una grande della Serie A nel primo romanzo e rimasto sullo sfondo in questo secondo libro dal titolo Sogni e altiforni. E sullo sfondo restano anche le contraddizioni di un’epoca difficile, quella dei nostri giorni, in tante realtà come Piombino. È la storia di tante comunità che hanno sempre potuto contare su una grande industria, su un lavoro sicuro e che adesso pagano un tributo pesante a errori di programmazione e di visioni. Comunità che vivono anche tensioni politiche che sono sempre pronte a riemergere in ogni paragrafo. Sogni e altiforni, dunque, che nel romanzo restano sullo sfondo ma fanno sentire la loro presenza. E c’è anche uno stadio, anzi sono due, a fare da scenario per molti passaggi di questo libro. Prima di tutto quello glorioso degli esordi del protagonista, diventato decadente nell’epoca moderna, al passo con il declino di una città e di un modo di vivere che si rispecchia nell’acciaio perduto e nella contrapposizione fra chi non lo vuole più e chi invece pensa che non se ne possa fare a meno. Ci sono tutte queste tensioni che si intrecciano una dopo l’altra e spesso anche tutte insieme in pagine che fanno sentire l’odore dei ricordi e anche il sapore della nostalgia, senza mai restarne ingabbiati. E dunque è una storia d’amore non nel senso classico del termine, così come la prima, quella di Calcio e acciaio. È una bella lettura perché racconta emozioni senza invaderle e le fa vivere da dentro anche a chi si affaccia a questa storia, pagina dopo pagina. Gli autori restano sempre un passo indietro, con quel pizzico di pudore che finisce con il dare a ogni lettore lo spazio per una personale visione. A un certo punto della narrazione troverete una frase stupenda: Non potete togliermi il profumo del tempo passato. A me ha colpito perché è quel profumo che molti della mia generazione continuano a sentire pur sapendo che ormai quell’odore è andato perduto ma sono felici di trovare il modo di rinfrescarlo, perché aiuta a capire meglio anche gli odori nuovi, quelli che ammantano il non sapere come sarà il domani. Di ognuno nel particolare e nel complesso di tante comunità come quella rappresentata da Piombino e anche da Trani, dove ci sono l’altro stadio e l’altro scenario d’amore che si intreccia nella doppia narrazione di questo romanzo. A un certo punto Gordiano Lupi lo scrive chiaramente: Basterebbe poco, forse. Ma quel poco è troppo, per chi rimpiange un passato d’acciaio, per chi s’illude d’un presente di perduto acciaio, per chi ricerca un futuro che riporti in vita l’acciaio. Sostituite la parola acciaio con quel che nei tempi andati ha offerto lo slancio alla vita e alla crescita, economica e civile, di molte comunità e troverete lo sfondo su cui far rivivere anche tante altre storie mai scritte. La bellezza del romanzo che comincerete a leggere girando questa pagina va oltre la storia che racconta: è la nostalgia che fa battere forte il cuore senza mai restare prigionieri del passato. Ed è l’atto d’amore più grande di questo romanzo.
Stefano Tamburini
Twitter: @s_tamburini
giornalista partito da Piombino che guarda Piombino con gli occhi del mondo
Commenti recenti