Gordiano Lupi legge Sacha Naspini - Ossigeno

Gordiano Lupi legge Sacha Naspini – Ossigeno

Sacha Naspini

Ossigeno
Edizioni e/o – Pagine 220 – Euro 16

Sacha Naspini continua a indagare il male, il lato perverso dell’animo umano, dopo Le case del malcontentoabbandona l’affresco a più voci, il pedinamento neorealista di singole esistenze che conduce allo sfacelo, per narrare una vicenda da cronaca nera che porta verso la distruzione familiare, segnata dall’idea che le colpe dei padri ricadano sui figli. Brevi cenni sulla storia, da non svelare fino in fondo perché ricca di colpi di scena. Laura scompare il 12 agosto del 1999, a otto anni; viene ritrovata in un container, il 6 ottobre del 2013, a ventidue anni. Il sequestratore è il professor Balestri, antropologo di fama, definito dalla stampa il mostro del Golfo, per il turpe vizio di rapire e uccidere ragazzine, dopo averle costrette a lunga prigionia. Il figlio Luca scopre l’orribile verità di essere stato generato da un padre assassino, comprende d’un tratto di essere il figlio di un mostro. Laura viene liberata, il mostro è catturato, ma la storia non finisce, il vero incubo deve ancora cominciare e segnare nuove esistenze. Il lavoro di scrittura di Naspini consiste nello sviscerare l’esistenza di Laura dopo aver subito quattordici anni di prigionia, riproducendo il suo mondo modificato, l’amica del cuore con i sensi di colpa, il figlio del mostro con le sue ossessioni, il terribile lascito di sangue che lo spinge a seguire la ragazza su Facebook, spiandone le mosse. Naspini è dotato di uno stile lineare e rapido, fatto di periodi brevi, sincopati, frammentati, abbondanza di punti, totale assenza di punto e virgola, che porta a un’impaginazione cinematografica della vicenda, narrata spesso in prima persona. La storia è scritta in più momenti, secondo diversi punti di vista: Laura, Luca (il figlio del mostro), la madre di Laura e Martina (l’amica del cuore); manca il punto di vista del mostro, che non interessa l’autore, affascinato dalle conseguenze del male, dalle macerie che restano dopo la distruzione. Alcuni brani del romanzo sono vera letteratura, vale la pena riportare un passaggio per capire con quale tipo di autore abbiamo a che fare. Le conoscenze che si fanno in certi locali di periferia in pieno giorno sono le stesse dei miei tempi: padri devastati, tizie incastrate nel guinzaglio di un fidanzato storico che sopportano con casse di Ceres. I peggiori sono quelli presi nell’età di mezzo: hanno dato il tutto per tutto e per reinventarsi servirebbe una magia. Li trovi allo sfascio o in giacca e cravatta, duri a morire. Li riconosco dallo sguardo crepato, l’aria assente. Ad alcuni non interessa neanche bere: sono arenati lì e basta, come barattoli portati dalle correnti e incastrati nell’insenatura di uno scoglio difficile, da cui non riescono a togliere le gambe. Naspini ha la tecnica dello sceneggiatore cinematografico, lo stile dell’autore di best-seller, ma anche la sensibilità che gli deriva da essere figlio della terra che ha dato i natali a Cassola e Bianciardi. E ambienta il suo romanzo a Follonica, anche se non la cita mai, così come in alcune pagine troviamo Piombino e l’Isola d’Elba. Non tutti nella capitale nascono i fiori del male … Leggete Naspini, cercate i suoi libri precedenti, ché nel quadro desolante della letteratura italiana contemporanea è uno spiraglio di novità, una ventata di aria fresca.