Gordiano Lupi – “Nel coro dei cani sporchi” di Frank Iodice
Frank Iodice
Nel coro dei cani sporchi
Eretica Edizioni –euro 13 – 70 pagine
Frank Iodice è un autore di cui vado orgoglioso, uscito dalla fucina inesauribile del Foglio Letterario, capace di spaziare dal romanzo storico (Matroneum) alla narrativa pura (Un perfetto idiota), che di recente è uscito con I disinnamorati e con questa raccolta di poesie di pregevole fattura. Lascio alle sue parole il commento: “La poesia può liberarci dalle moderne forme di schiavitù? Lo spero. Anche se è difficile riconoscerla, capire quando arriva. Héctor Murena diceva che la poesia arriva quando restiamo nell’inesauribile compagnia della solitudine. Per fare poesia occorre vivere, occorrono sangue e lacrime. Scrivere poesie vuol dire far rivivere nel tuo stomaco ciò che io stesso ho vissuto nel mio, più forte e più lentamente. Cantarti l’infinita bellezza del mondo, ma anche la desolante nullità dell’uomo. Io ci ho provato ma non credo di esserci ancora riuscito. E in fondo ne sono felice”. Ricordo che oltre diecimila copie del suo Breve dialogo sulla felicità sono state distribuite gratuitamente nelle scuole italiane, francesi e statunitensi. Il suo sito è www.frankiodice.it.
Inutile recensire e commentare la poesia. Meglio leggerla. Ecco due suggestive liriche tratte da un’opera intensa che spazia da tematiche amorose fino al ricordo nostalgico della terra natia, nel solco della tradizione poetica novecentesca.
XXXVI
Restiamo su questa spiaggia
bambina mia
perché la musica che senti non è vera
ogni sera nei tunnel del metrò, a Parigi
contro i grigi muri di piastrelle rotte
suonano veri musicisti
ma questi, questi perfetti esseri umani
che si scattano foto da soli
e i soli e le lune che li hanno cresciuti
senza madri e senza padri
quadri bagnati di latte e pianti
quanti crederanno a ciò che vedo mentre ti parlo
e ti tengo per mano
ora che lontano dalla nebbia che ci confonde
ora che soltanto l’amore ti ha resa infinita
e sei arrossita per lo sforzo di guardare la luce
mi canta una vocina piccola in fondo alla pancia:
la lancia dei pirati laggiù, nel mare
le pere con lo zucchero nel bicchiere
le vere passeggiate lungo le selve
le vecchie feroci di notte e le botte del vicino
cattivo, quando fuggivo con il pallone
il burrone, il confine tra il vero e il finto
che ho spinto sempre più in là
ci sarà tutto per te
amore mio
finché avremo una penna per raccontarlo
mentre parlo e te lo dico
e il fico
così morbido che si scioglie nelle mani
fatto di strani puntini che non puoi contare
neanche con la scienza che tutto ha deciso
persino il pianto ed il sorriso
non c’è umanità fuori da questo fico
te lo dico, mentre lo beviamo in silenzio
come assenzio ghiacciato del secolo scorso
il morso della lumaca che accarezza e non fa male
quale sarà la tua sorpresa quando il mondo
resterà fermo per un secondo?
la gente si amerà ancora, guarderà il mare
senza sembrare stupidi idealisti
e quel fico che apristi, da bambina
con il tuo papà
chissà che sapore avrà
XXI
Napoli
che negli anni di esodo
mi resti dentro come il nome, inciso nella vista
l’orizzonte che odora di pesce, che cresce
e mi fa sentire così lontano
l’aeroplano, la nave che sbuffa, sotto nuvole di migranti
i canti, che nella lingua vivono ancora
l’aurora, la poesia, la mia strada franata
la giornata vissuta nel tuo ricordo, tra le tue strade
e cade quello che avevo nella mia testa
questa voglia di vivere ancora, di andare
il mare, la mia casa, lontana
la vita insana e dissoluta, la solitudine finita
prima del vento, e in un momento
è poco quello che io sento
Gordiano Lupi
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