Alessio Lucignoli – The end is near
The end is near
Scrivendo il titolo di questo articolo, ho avuto il flash immediato di questi tre personaggi: Homer Simpson, Thanos –il villain di Avengers Endgame– e i Primal Fear ed il testo della loro canzone. Cosa hanno in comune? In una memorabile gag dei Simpsons, Homer diventa predicatore e per le strade di Springfield, munito di cartello con scritto proprio “The end is near” o in italiano La fine è vicina, avvisa il quartiere di una catastrofe imminente. Thanos, l’alieno alla ricerca delle Gemme dell’Infinito, approda sulla Terra pronunciando questo inquietante epitaffio autoproclamandosi la fine o il destino che alla fine arriva per tutti, promettendo lacrime e sangue. I Primal Fear, gruppo musicale metal, pubblicò una canzone che poi diventò una delle loro più celebri, intitolata proprio “The end is near”.
Il filo conduttore di tutto, è proprio la fine che si avvicina. Ma quale fine? In questo caso, si intende la fine del mondo o della civiltà per come la conosciamo. Un’Apocalisse, per meglio dire. Il pensiero, anche qui, va immediatamente a fattori che possiamo o non possiamo controllare, quali: il cambiamento climatico, la bomba atomica, armi batteriologiche, virus che dilaniano l’umanità e ogni altra possibile minaccia che potrebbe scuotere la vostra vita quotidiana. Se nominiamo la parola virus, comprensibilmente il pensiero va al famigerato Covid-19, ed a tutti i danni che sta causando al pianeta. Ma non sorprenderebbe sapere che questi danni alla Terra, nel corso degli anni, sono stati esorcizzati da centinaia e centinaia di film e serie televisive che hanno raccontato dal punto di vista cinematografico e seriale, i disastri che tutti noi affronteremmo in analoghe situazioni di pericolo. Verrebbe da dire: ci siamo preparati nel corso del tempo e degli anni, una volta che la catastrofe accade, possiamo affrontarla. Ma non è cosi. O almeno, non lo è sempre. Rimane semplice e catartico essere seduti sul proprio divano, circondato dalle persone che ami e scegliere la catastrofe cinematografica in cui vuoi immergerti per poi uscirne, a visione del film finita. Personalmente, sorrido e scrivo di si. Per me, è esattamente cosi. Ed è proprio su questo mio sorriso innocente e i miliardi di altri ancora, che i potenti del Cinema si basano per costruire ed architettare i più grandi film catastrofici di sempre. Ovviamente, non bastano i desideri degli spettatori, il Cinema assorbe tutto quello che realmente succede nella vita di tutti i giorni: meteoriti che mensilmente passano vicini alla Terra, la paura del buco dell’ozono, possibili eruzioni vulcaniche e tutto ciò che concerne la crosta terreste. Tutti eventi a cui noi partecipiamo, passivamente, e di cui abbiamo un terrore smodato, nonostante le statistiche possano relativamente placare i nostri animi – indicano che potrebbe accadere una volta su 857 mila anni- vengono riproposti quasi a cadenza annuale nelle sale cinematografiche affinché sia possibile sublimare queste paure di disastri apocalittici e climatici. Proprio qui, viene il mio intento: quello di raccontare e descrivere i film cult sul genere disaster movie, quei racconti ludici che hanno segnato la nostra immaginazione e fantasia.
Come dicevo, il Cinema si è specializzato in questo sin dal 1933, quando uscì nelle sale “La distruzione del mondo”, il primo film catastrofico prodotto in assoluto nella storia del cinema. Un film tanto precursore quanto brillante che in tempi non sospetti, mise in scena tempeste mortali, eclissi solari e temperature pericolose per tutta l’America, concentrandosi prevalentemente su New York. Un film, che il libro “A guide to Apocalyptic Cinema”di Charles. P Mitchell, la Bibbia dei film apocalittici di sempre, ha definito “il primo ed il più brillante esempio di cinema apocalittico che ha ispirato una generazione di cineasti”.
Dopo questa parentesi su un film catastrofico al naturale, ci avviciniamo alla Seconda Guerra Mondiale ed alle bombe atomiche nel loro delirante epilogo, per superare il tutto con i suoi orrori ed i suoi errori, e addentrandoci nel bel mezzo della Guerra Fredda. Quest’ultima si rivelò un contesto storico straordinario e durato in tutto cinquant’anni, che coinvolse gli Stati Uniti d’America e gli Urss. Fu una guerra “non combattuta” tra le due nazioni, in quanto se si fossero resi colpevoli di un attacco bellico sul campo, avrebbero certamente usato le bombe atomiche – ancora più perfezionate e mortali di quelle usate su Hiroshima e Nagasaki – portando il pianeta ad una inevitabile distruzione. Fu proprio questo terrore e questa angoscia, derivata dalla Guerra Fredda, a permettere la creazione dei nuovi film catastrofici moderni. Pellicole che sublimano il terrore di un attacco atomico mai avvenuto, e gli eventuali effetti delle radiazioni sugli esseri umani.
Il film che aprì il genere, oltre al già citato “La distruzione del mondo”, fu certamente “Il Dottor Stranamore: come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba atomica.” Capolavoro di Stanley Kubrick, racconta le vicende di un folle generale americano che per paura di un attacco russo, ne ordina uno senza avvertire il Presidente. L’attacco va a segno, e colpisce l’ordigno fine del mondo sovietico, scatenando un cataclisma sul pianeta. Lo sconvolgente finale prevede la sopravvivenza alle radiazioni, costruendo le basi per una futura società umana, ma al contempo difendersi dalla vendetta russa. Kubrick infarcisce di preziosi sottintesi la pellicola, portando lo spettatore a riflettere che la violenza umana non sia altro che un surrogato dell’impotenza maschile.
Generalmente, è questo il punto storico in cui si da inizio alla categoria cinematografica della fantascienza apocalittica e post apocalittica, e come sottogenere della stessa, il filone catastrofista. Da cui in poi, i film sono diventati centinaia ma il leitmotiv che li unisce è rimasto il medesimo, ed è quello che conduce me e voi a questo punto dell’articolo: the end is near/ la fine è vicina.
Come detto, i film più famosi, quelli che sono riusciti a far propria la missione di raccontare una fine vicina, sono molti e tra questi: “Armageddon- giudizio finale, La guerra dei mondi, Indipendence Day, Deep Impact, 2012, The day after tomorrow, 28 settimane dopo e World War Z.”
“Armageddon – giudizio finale” e “Deep Impact” potrebbero essere quasi definiti gemelli, entrambi escono nello stessano anno, il 1998, ed entrambi raccontano la minaccia di un asteroide che punta al pianeta, e la difesa dell’umanità in risposta alla minaccia. Ci viene raccontata dal punto di vista americano, in quanto la società statunitense si ritiene la più potente del mondo ed in questo modo –autonoma- si assegnano il difficile compito di difensori del mondo, un ruolo che non viene mai meno in tutte le pellicole del genere. La particolarità delle due pellicole, è che in entrambe viene tentato un disperato tentativo da parte di alcuni astronauti per abbattere il meteorite, in “Armageddon – giudizio finale” (tra l’altro, è il primo film in assoluto, in cui la Nasa permette delle riprese all’interno delle proprie strutture) ciò avviene con successo nell’incredibile e memorabile finale, narrato dalla celebre canzone degli Aerosmith, anche se con il sacrificio di uno dei protagonisti principali. Mentre in “Deep Impact”, la missione di salvataggio funziona in parte: dividendo il meteorite principale in due parti, una più piccola che cade sulla Terra dove provoca milioni di morte, mentre quello più grosso che estinguerebbe l’umanità, viene annientato anche qui da un sacrificio degli astronauti americani. Il finale è pieno di speranza, seppur i milioni di morti, il Presidente con un annuncio televisivo richiama il pianeta alla ricerca della speranza, e a non abbandonarla.
“Indipendence day” e “la guerra dei mondi” sono due film visionari perfettamente speculari, raccontano l’invasione degli alieni e la difesa dell’umanità. “Indipendence day” è passato alla storia cinematografica come capostipite del proprio genere, nonostante venne accusato di una trama debole tratteggiata da degli evidenti errori di sceneggiatura, i pioneristici effetti speciali all’epoca (1996) ne garantirono un successo che dura tutt’oggi, citato continuamente nei film che cercano di omaggiarne la carica emotiva e la forza attoriale dei protagonisti. Il film della “La guerra dei mondi” è tratto dall’omonimo romanzo di Herbert George Wells, pubblicato a puntate nel 1897 e reso immortale dallo sceneggiato radiofonico che ne fece Orson Welles nel 1938, dove fece crede a milioni di ascoltatori americani che stava avvenendo in diretta dello sceneggiato una vera invasione aliena, mandando nel panico la popolazione. Il romanzo ed il film raccontano di una invasione aliena progettata da secoli, che dilaga improvvisamente e con freddezza sul pianeta. E laddove le armi falliscono, gli alieni vengono sconfitti da nemici contro la quale non erano programmati a difendersi: i virus come il raffreddore e altre malattie. Non avendo i necessari anticorpi, vengono tutti abbattuti da questo nemico invisibile. Anche questo film venne premiato per gli incredibili effetti speciali e per una sceneggiatura brillante, claustrofobica e ben fatta. Al tema del virus usato come arma difensiva dell’umanità, ne viene fatta invece un’arma letale e mortale in “28 giorni dopo” e “World War Z”. In entrambi film, i principali antagonisti sono due virus geneticamente modificati, nel primo la minaccia è un batterio che ricorda la rabbia ma più aggressivo, nel secondo non viene specificato. In “28 giorni dopo”, la drammaticità della situazione viene resa dal fatto che non si può evitare l’epidemia, avvienee si propaga senza che si possa trovare una cura, ma vi è solo una brutale caccia alla sopravvivenza, mentre in “World War Z”, dopo milioni di morti e grazie all’intuizione del principale protagonista, viene trovato un vaccino per salvare l’umanità e lasciarla alle sue riflessioni sulla scelta di usare virus mortali per trovarne eventuali vaccini, lasciando supporre domande sulla morale e l’etica della questione. Ultimo, ma non meno importante film che volevo riportare è il famigerato “2012”. Quest’ultimo lo si può definire il portare di tutti i tipici cliché che contraddistinguono solitamente questo genere cinematografico, sfruttando anche la profezia dei Maya sul 2012 e l’influenza che ha avuto sulla cultura di massa in quel periodo storico, la pellicola fu un successo strepitoso di pubblico ma non molta di critica, considerando comunque la trama banale e ricolma di colpi di scena prevedibili.
Questi sono i film, che la critica e i telespettatori, hanno eletto come capisaldi di un genere che sembra non avere una fine e di non poter tramontare, in quanto sfogo catartico della popolazione mondiale. E che, in prossimità di una fine vicina che si spera, in realtà, essere sempre più lontana e mai raggiungibile, mi sento di consigliare di guardare. Specialmente in un periodo dove un nuovo virus la fa da padrone.. aspettando il momento in cui, invariabilmente, ne faranno un film. Ma nella speranza dei molti, ad oggi sembra un momento lontano in un contesto storico dove questa emergenza nazionale sembra non finire mai. Ed è qui che i media cinematografici e televisivi ci vengono in aiuto: esorcizzano, sublimano e rigettano quelle paure che ci fecondano la testa di dubbi e pensieri angoscianti. Aspettando, come detto, il momento di sdrammatizzazione finale e definitiva dove faranno un film su “noi sopravvissuti” a questa tragedia e che possa rendere giustizia ai morti di oggi. Non cinematografici, non invisibili e finti, ma drammatici e reali. Troppo reali.
Alessio Lucignoli
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