Editoriale – dicembre 2021
Car* tutt*
Siamo giunti al numero 22 del Foglio Letterario, il dojo preferito per penne che non hanno paura di contraccolpi. Ci arriviamo in cartaceo e in digitale, sulla scia di un percorso mica sempre lineare che i più vecchi tra di noi hanno saputo cogliere nelle sue mille pieghe di libri (e a proposito di ritardi immani per quanto concerne i cartacei inviati: eventuali anatemi vanno inoltrati QUI, non QUI).
Siamo passati anche al SalTo, dove portavo la mia piccola iena – che trovate QUI – e dove quei gran fighi di Spartaco Edizioni non si son mica fatti pregare nel far girare la rivista, che tra noi ricamatori di sogni si fa così, tessendo assieme la trama alla faccia dei grossisti di lana grezza.
Ho trovato curiosi e lettori che già ci conoscevano, altri che ignoravano chi fossimo ed altri che mi hanno squadrato come un alieno, salvo poi chiedermi se ero comunque disponibile a pubblicare il loro inedito distopico. Ma più di tutto ho trovato un gran marasma che è stato un tuffo al cuore: due anni di distanziamento ti tatuano nel petto un affanno che io fatico ancora a domare, e il virus in questo caso c’entra poco.
Fatto sta che pur lontano dai nostri lidi – i borghi, i piccoli circoli, le comunità locali – il nostro numero 21 è stato sfogliato in quel del più grande evento dell’editoria italiana: casino a parte ne è valsa la pena? Nì. Di certo non è il contesto in cui Il Foglio Letterario è più a suo agio: dateci una sagra del tortello maremmano e conquisteremo il mondo. Però è pur vero che il muso fuori dalla tana lo buttiamo anche noi, consapevoli dei nostri limiti ma anche dei nostri principi; non cacciamo fuori soldi che non abbiamo per poi chiederli ai nostri autori, non bramiamo una vetrina manco fossimo Dolce e Gabbana alla Rinascente, non crediamo che il lettore forte si aggiri come uno spettro soltanto fra le mura delle metropoli, anzi. La provincia ci brucia nelle vene, scorre fluida e velenosa come i titoli che abbiamo appena pubblicato: Baracca Siti di Dario D’Avino, o il libro sul cantautore Claudio Jonta, nato dalla sinergia con Covergreen. Questo non significa sbrulicarsi l’ombelico, anzi, ma riconoscere nel germe della propria terra il grano che si è poi diventati, nel bene o nel male. E in ogni caso il nostro sguardo è sempre proiettato oltre, proprio perché vogliamo evitare di chiuderci a riccio: Il silenzio che dicono di Abel German Díaz Castro e Orgia di paura di Ismael Sambra sono altre due silloge tradotte dal nostro Gordiano Lupi, che mica si contenta di fare l’editore e lo scrittore, oltre che il talent scout. Traduce pure dallo spagnolo, nel tempo che gli avanza – e sarei curioso di sapere quale, conoscendo un minimo i suoi impegni – .
Inoltre continuiamo con gli esperimenti: il progetto LIBRIDA ha esordito da poco con La vita è teatro: La seconda uccisione del cane e Convertito a Giaffa, due romanzi brevi di Marek Hłasko, tradotti e curati dal nostro polonista di fiducia, Luca Palmarini, con tavole di Samanta Panichi. A breve proseguiremo con la pubblicazione di Mirko Tondi con il saggio di scrittura Brandelli di uno scrittore precario e i disegni del nostro Massimiliano Mad Max Bertolotti. Insomma, ci gettiamo nella mischia coniugando il mondo della rivista – che ricordiamo è una free press, gratuita a chiunque acquisti uno o più dei nostri libri – con quello dell’editoria, dando alle stampe nuovi autori, penne istrioniche, illustratori dall’inchiostro ribelle e chiunque altro sia abbastanza sognatore da volersi perdere in voli pindarici, cercando sempre di cadere abbastanza in piedi, facendo male ad altri, non a noi.
E a proposito di dolore, ma quanto ne avete tirato fuori parlando di PRESENTE? Era il tema principe di questo numero e quasi tutti i racconti che avete inviato avevano un’anima così slabbrata da indurci più di una volta a sane dose di idiozie su youtube – gattini, pecore parlanti, Baricco che legge e cose così – giusto per non piombare in depressione. Ma questo vuol dire solo che siete stati empatici, oltre che bravi; magari un tantinello monotematici, tuttavia forse questo è lo scotto che si paga in due anni di covid, lockdown e distanziamenti vari. 50 e più: no, non sto già dando i numeri per la tombola, ma solo fornendovi un’idea dei racconti che sono arrivati via mail. Per fare una scrematura c’è stato da impazzire, anche perché tolti i soliti pennivendoli che probabilmente non sanno nemmeno che cosa pubblichiamo – gente che manda testi rosa, con protagoniste di nome Chanel e una bio più lunga del racconto stesso, di solito infarcita con menzioni a premi che boh, hanno forse ideato loro – ci sono arrivati da più parti racconti di ottimo livello, tanto che a scartarne alcuni sono indeciso ancora ora, mentre sto scrivendo questo editoriale con buona pace di Giulia Fiumara, la nostra grafica, che starà sacramentando per il mio ritardo nella consegna di tutti i pezzi.
Meno male che almeno i collaboratori fissi non mi gettano in simile abissi d’ansia; puntuali come il vin brulè alla fiera degli Oh bej oh bej – a proposito, ma la fanno ancora o che? – ci hanno lasciato dei pezzi al presente da lasciare segni sulla pelle, tanto fa male l’inchiostro. Da Patrizia Raveggi a Ilario Principe, visionari e attualissimi cantori del marcio quotidiano, a Gordiano Lupi e Mirko Tondi, che regalano le solite incursioni nel mondo delle lettere, il primo raccontandoci di Prévert e il secondo consolidando le nozioni sulla struttura di un testo narrativo. Dardano Sacchetti invece continua a inveire dalla sua panchina e Alessio Santacroce si fa ancora Caronte di artisti dell’underground. Filippo Ferrucci, nonostante l’ostinata latitanza, si prodiga nuovamente coi suoi illustratori e Giovanni Modica prosegue con la sua rubrica a darci squarci di cinema sempre più taglienti. Recensioni fuori tempo massimo? Le mie, ovviamente.
Insomma, avete ancora di che pasteggiare per tutto un inverno. Nel frattempo, in attesa della primavera – che arriverà, cari miei Bandini, arriverà – supportateci nelle nostre iniziative e ricordate che la piccola editoria è un fiorellino che cerca spazio in una serra di piante carnivore.
Buon numero 22, allora, e tutto il buon che volete per l’anno che finisce e quello che inizia: ci trovate su www.ilfoglioletterario.it per le novità in cantiere e per il tema sul prossimo numero di marzo, mentre mi potete scrivere direttamente su deathofnoise@yahoo.it per sottopormi opinioni, consigli, suggerimenti, proposte. Ma per favore, niente roba EaP: è peggio del dibattito su panettone e pandoro, il che è tutto dire. E in più qui non c’è nulla da dibattere, è peggio e basta.
Love,
Vincenzo Trama
Libertà è partecipazione!
deathofnoise.wixsite.com/vincenzotrama
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