Loretta Mazzinghi – su Maribruna Toni
Maribruna Toni, piombinese, prematuramente scomparsa a soli quarantasette anni, è conosciuta come pittrice non solo nella nostra città, ma in varie parti d’Italia e perfino all’estero. Poiché si è dedicata anche alla poesia le sue raccolte (pubblicate negli ultimi anni, e inoltre quelle, postume, circa cinquecento, amorevolmente messe in ordine dai suoi genitori e poi concesse a Gordiano Lupi, che ha curato tutta la sua produzione) hanno evidenziato come questa sua dimensione di poetessa non sia stata un’attività marginale della sua creatività.
Infatti, in sintonia con la sua produzione artistica, anche le sue poesie suscitano la stessa intensità di emozioni, di angosce, di ricerca e di coinvolgimento profondo nella natura e nella vita.
Nella poesia I mesi dell’anno, partendo da immagini di freddo e di tormento, i versi si snodano con un linguaggio sontuoso, solenne e raffinato, aprendosi al sole, ai colori, ai fiori, allo splendore della natura, fino ad esplodere nei girasoli e nell’arsura, per poi ripiegare in un autunno splendente e in un nevischio, pulviscolo di stelle. E’ il simbolo di un viaggio che riafferma, dopo lo smarrimento, il senso della vita, attraverso il ritmo di una musica in crescendo, che poi torna a placarsi.
La ricerca, in tutta la sua produzione, di un valore assoluto, di una comunicazione profonda, di un cammino spirituale personalissimo; l’essere travolta, per la propria fragilità, dai sentimenti e, prima di tutto, dall’amore, sono ciò che accomuna il suo essere poetessa e pittrice con il suo essere donna.
E’ questa una dimensione che la fa affondare in abissi di disperazione lucida e assoluta, per poi riemergere a cantare un nuovo inno alla vita, come la fenice che continuamente muore e risorge.
Ai vari stili pittorici (l’informale, con le sue mille sperimentazioni; l’uso di materiale povero trasformato in arte; un grumo di colore di vita e di morte, che esplode in ali di farfalla fino, nell’ultimo periodo, alle rievocazioni di vetrate di cattedrali gotiche)corrisponde dunque, con le stesse modalità di espressione, la ricerca letteraria.
Pochi sanno che, nel suo primissimo periodo creativo, negli anni in cui frequentava la facoltà di medicina, Maribruna si è dedicata a dipingere nudi di donna, a coglierli amorevolmente nelle loro rotondità fisiche, impastati di grigio e di terra solare: una produzione bellissima e distrutta (salvo due opere salvate dai genitori), per dipingervi sopra, quasi simbolicamente ad indicare, quanto autolesionista e tormentato sia stato il rapporto con la propria fisicità e femminilità.
Il suo cammino la portò anche all’impegno nel movimento delle donne, nell’UDI, impegno laico, che pure si affiancava al suo personale approccio religioso vicino al buddismo, tutti e due tesi alla ricerca di una sorellanza, che ricomponesse il suo vissuto di donna. Per l’UDI fece un patchwork meraviglioso e un palio altrettanto splendido per il Comune di Piombino.
Per i molti che l’hanno conosciuta, il ricordo umano di Maribruna è legato alla sua disponibilità all’incontro, al suo incedere “quasi sfiorasse il terreno,” come l’ha affettuosamente definita un amico, con il suo sorriso, aperto e nello stesso tempo misterioso; è dovuto alla sua capacità di compenetrare profondamente le gioie e i dolori dell’altro, attraverso un’intuizione straordinaria, che le faceva estrarre, da chi aveva di fronte, la perla di una qualità, il tesoro di un’emozione, di una gioia che, prima di conoscerla, chi le diveniva amico non sapeva di possedere dentro di sé. Era il suo “grazie di esistere,” il suo saluto più intenso.
Un particolare messaggio, di vita e di arte, sembra rivolto alle donne, a sollecitare la loro identità e l’originalità, senza però essere travolte dalla sofferenza.
“Sii faro,” sembra dire Maribruna, “sii faro, ma non ti lasciar divorare dalla luce, come me; sii faro, ma faro di cemento, che poggia su salda roccia, per continuare il cammino.”
Si è dedicata anche alla poesia. Ricordiamo Le vele, i voli, i veli (1997), Editrice Letteraria Internazionale, che ha vinto il Fiorino d’argento al premio Firenze Europa. Postume sono state pubblicate le raccolte L’Urlo si fa silenzio (1999) Tracce edizioni; C’era una volta, filastrocche per bambini (2000), Circolo culturale Sant’Antimo. Tutta la sua produzione è stata curata dal Foglio Letterario di Gordiano Lupi.
Maribruna è prematuramente scomparsa nel 1998.
Loretta Mazzinghi
Ricordo di Maribruna Toni
Sembra quasi impossibile che il tempo sgrani inesorabile i mesi e gli anni, ma è già quasi un quarto di secolo che è morta la nostra artista concittadina Maribruna Toni, pittrice, poetessa e tanto altro, perché artista a tutto tondo.
I vecchi piombinesi ricorderanno il babbo e lo zio, i fratelli Toni; il babbo di Maribruna per la famosa osteria Dal Toni vicino al mercato coperto e lo zio con il negozio bar in via V. Emanuele; presso ambedue si beveva l’ottimo vino di loro produzione.
Di Maribruna ho un’immagine, penso, rarissima per chi in seguito l’ha conosciuta. Una bimba paffuta, con i suoi meravigliosi ondulati capelli rossi, con un vestito rosa da bambola. Questo nella prima metà degli anni cinquanta, nel periodo del dopoguerra, quando non c’erano ancora i canoni estetici imperativi di oggi e la floridezza del nostro stile mediterraneo era sinonimo di bellezza. Ricordo questa immagine perché la vita di Maribruna, dalla giovinezza, ha fatto conti tormentati con la sua immagine fisica, con un rapporto sofferto con il cibo, con una fame d’amore che, purtroppo, diventava sempre più esilità del corpo.
Ma non voglio certo ricordare solo questo, ma la sua produzione artistica, il suo esprimersi per comunicare la sua gioia di vivere, la ricerca di un senso della vita, le sue irrequietezze e i suoi tormenti.
Per questo vi offro la lettura di una delle sue poesie, che mi ha particolarmente colpito.
I mesi dell’anno
Ho raccolto i granelli di un gennaio
Tetro freddo come il mio solaio
E li ho aggiunti a quelli di febbraio
Greve di neve tetro carnevale
E poi quelli di marzo
Tutto un tormento di vento,
grandine e pioggia.
Li ho separati da quelli di aprile
Perché c’è tanto sole nel cortile
I peschi in fiore ed una margherita
Persa nel verde qual gioia smarrita.
Di maggio ho radunato gli ornamenti
Fatti di rose e prati risplendenti,
di luce appesa a nuvole stracciate
di un azzurro terso, illuminato.
Con giugno ho ritrovato la carezza
Del sole, ne ho trovato la dolcezza:
come lucertola distesa,
gli occhi socchiusi,
la bocca già assetata.
L’ho dissetata a luglio, quando c’era
Quasi una nostalgia di primavera.
Poi sopraggiunse il caldo e poi l’affanno,
infine io conobbi la secchezza
di un’agave morente senza brezza.
Ad agosto ho raccolto i girasoli
E ho aspettato i primi temporali,
languori di un’estate già morente
ricordi di una sabbia incandescente.
Poi, a settembre, il vento ha arato i cieli,
seminandoli di nuvole nere.
A ottobre ho vendemmiato insieme ai chicchi
Di un’uva nera, dolce come il miele,
le gioie di un autunno rinnovato,
greve d’umori, pulito, scintillante.
Si è spento un giorno il mio splendente autunno
Nell’aria fresca e opaca di un mattino
nebbioso, tutto bianco, abbacinato,
stremato, tutto stecchi inariditi.
Le gemme e i semi, in terra accovacciati
Restavano in letargo ad aspettare
Per poi a primavera ripartire.
E poi a dicembre ho raccolto il nevischio
Pulviscolo di stelle e di cristalli
Che splendono alla luce puri e belli
Come guizzi e faville in un camino:
soltanto un canto, solo un crepitio
che accompagna le nenie di Natale,
zampogne e poi novene ed un presepe.
Ecco ho raccolto tutti i grani
Ho in mano, bello chiaro tutto il senso,
dei mesi, di quest’anno, di domani.
Non sono più smarrita, perché in mano
Ho il senso della vita
Maribruna Toni
Il Foglio Letterario ha pubblicato un meridiano su Maribruna Toni a cura di Gordiano Lupi. In catalogo dal 2008 continuerà ad esserci perché la sua stessa storia è e rappresenta la storia stessa del Foglio Letterario.
Potete trovarlo sempre qui: Il meridiano di Maribruna Toni_a cura di Gordiano Lupi
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