Vincenzo Trama – Dell’inutilità della scrittura/inchiesta sull’editoria italiana – di Paolo Bianchi
Paolo Bianchi
Dell’inutilità della scrittura
-Inchiesta sull’editoria italiana-
Editrice Bibliografica – 192 pagine – Euro 22,00
E va bene, scrivi.
Lo fanno in tanti, quasi tutti, anche se un tempo non lo diceva nessuno, un po’ per pudore, un po’ per vergogna: la prima si è estinta coi social network e della seconda sappiamo di certo che è bandita grazie allo sdoganamento ufficiale del self – che, diciamolo in coro, NON è PUBBLICARE A PAGAMENTO! –
Comunque, lo fai.
Per quanto non ci siano controindicazioni e a meno che tu non sia un giovanissimo studente di lettere che ha messo su la ghigna cattiva da Proust a rota di madeleines, la domanda più che comune che gira su diversi libri a tema scrittura è proprio questa: perché? Perché perdere tempo ed energie dietro ad una pratica così poco gratificante come la scrittura, manco avessi badilate di tempo libero grazie a un lavoro che ti permette uno stipendio non dico buono ma almeno non da fame – roba che è più facile credere a una svolta a sinistra del PD? –. Perché lo fai, ti chiederebbe un disperato Masini fossimo ancora negli altrettanto disperati anni ’90, dio li maledica.
È attorno a questa domanda, sibillina solo in apparenza, che ruota il bel saggio di Paolo Bianchi per Editrice Bibliografica, intitolato non a caso Dell’inutilità della scrittura. La provocazione è ovvia ma non scontata, visto che a conti fatti l’autore non si limita a sbatterci in faccia i numeri impietosi di un mondo editoriale sempre più ingolfato, ma a suggerirci un modo diverso attraverso cui leggere proprio la scrittura e i suoi mestieri, oltre che ai suoi i suoi innumerevoli Gargamella pronti a ghermire le orde di puffi che siamo dietro a paraventi allettanti come premi, riconoscimenti e pubblicazioni pagate a mezzo.
Il libro si struttura in capitoli piuttosto brevi dove l’autore, con prosa asciutta e lapidaria, mette in evidenza passo dopo passo quelle che possono essere tutte le smanie dello scrittore improvvisato, smontandole con piglio critico ma senza mai perdere un gustoso umorismo dolceamaro, garantendo al libro un’innegabile leggerezza, lontano dai toni prescrittivi di chi invece si vanta di scrivere per esordienti in erba in cerca di pubblicazione. Bianchi invece fa proprio il contrario: diffida l’aspirante scrittore dal cercare a tutti i costi un editore o presunto tale e lo fa sulla base di esempi concreti, senza troppi giri di parole: da sogno nel cassetto a carta da macero il passo è effettivamente breve.
Ecco che quindi Bianchi prende in esame il mercato librario, parlando dei costi di distribuzione e di promozione, dei costi delle rese, dello spazio fisico in una libreria per le novità – anche se solo alcune novità – : tutti aspetti che spesso un autore esordiente ignora, se non proprio snobba, cadendo nel blando equivoco che una volta edito il proprio libro debba comparire anche negli store degli autogrill di tutta la penisola, possibilmente fra Volo e Vespa, esimi e stimatissimi colleghi.
Oppure scardina in modo sopraffino il mondo dei premi letterari, raccontando della propria diretta esperienza e fornendo una testimonianza spassosissima di quanto questi contest siano spesso sfilate di sponsor e tanto vuoto intorno, oltre che dentro.
Bianchi però non processa niente e nessuno, si limita a restituire nella sua lucida analisi il panorama editoriale per quel che è, puntando con la sua penna a restituire nobiltà – e verità, soprattutto – allo scrivere, atto di per sé tanto affascinante quanto dispendioso e inutile, appunto. Per farlo si affida anche ad altri autori che, come lui, hanno ragionato attorno al tema della scrittura: Culicchia con il suo E così vorresti fare lo scrittore, Santoni con La scrittura non si insegna, tanto per citare i due testi che reputo personalmente i migliori fra quelli usciti negli ultimi anni. Ma le citazioni sono tante e i più attenti avranno certamente incrociato le proprie aspirazioni con i loro libri; Miriam Bendià, Francesco Piccolo, Filippo Tuena, fino agli insospettabili Antonio Manzini ed Erri De Luca, con opere che non conoscevo e che mi sono affrettato a recuperare.
Particolarmente interessante è, dal mio punto di vista, il capitolo Diventare invisibili, in cui Bianchi intervista l’affermato scrittore Giovanni Cocco, oggi appunto “invisibile” perché sparito da ogni social network. La lettura di questo brano mi ha fatto subito venire in mente I solitari di Bregola, che avevo recensito QUI(LINK) e che mi fa pensare che sì, bisogna scavare dentro e tutt’attorno, oggi più che mai, se vogliamo risalire alla fonte di buone storie da leggere, vere, capaci di assetare.
Per cui scrivi, va bene.
Ma prima di spedire mail, tante mail, leggiti questo libro. E magari anche quelli che vengono citati qui dentro. E poi dopo, solo dopo, chieditelo: ho scritto davvero qualcosa di fondamentale?
Non rispondere subito. Per una volta, almeno. Posa la penna, ferma le dita.
E pensaci.
Vincenzo Trama
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