Vincenzo Trama – Racconto a piè di pagina
Maurizio Rovati (1) mangia
una mela (2)
(3)
(1) Maurizio Rovati nasce nel marzo del 1981. Sin da piccino manifesta atteggiamenti vivaci ed è propenso all’attività sportiva; a 4 anni impara a nuotare, a 5 scala il Monte Bianco e a 6 diventa campione regionale di judo. La sua carriera sembra avviarsi in modo più che promettente quando a 10 anni, sotto gli occhi del presidente della Repubblica, arriva primo ai mondiali della gioventù bruciata di Helsinki rispettivamente nel lancio del giavellotto, corsa dei sacchi, gara di rutti e salto triplo carpiato con scappellotto finale al giudice di gara. Dopo questa sua brillante prestazione le istituzioni decidono di insignirlo col nobile fregio di Garrulo Cavaliere della Nazione Tutta, titolo all’epoca assegnato solamente ai discendenti diretti della divinità nota come Berlusconi. I genitori, due carpentieri male in arnese con il vizio della cocaina, barriscono con gioia non appena scorgono nelle qualità del loro figliolo una provvida fonte di guadagno pressoché sterminata: Maurizio Rovati è giovanissimo, per lui si intravedono traguardi infinti.
Tuttavia all’età di quattordici anni a Maurizio Rovati accade una cosa strana; mentre sta allenandosi nelle acque gelide del Lago Gelido per il mondiale di Resistenza Nelle Acque Gelide, addocchia una gentil fanciulla che immersasi nelle acque del lago, impallidisce, sbianca a sviene sparendo nelle profondità dello stesso. Maurizio Rovati, che è dotato non solo di capacità fisiche soprannaturali, ma anche di un animo dolce e sensibile, accorre subito in suo soccorso, salvandola da morte certa. All’autogrill di Poggibonsi, mentre lei ancora tremula e bagnata sorseggia un sobrio Negroni, fanno reciproca conoscenza. Maurizio Rovati scopre che lei si chiama Isidora Tumurra, calabrese d’origine, rimasta da sola dopo che il suo ragazzo, Thomas Grussmueller, siciliano d’origine, l’ ha lasciata per Filippo Schiuppana, apolide.
Isidora Tumurra per lo choc aveva cercato la morte e Maurizio Rovati scopre così un’altra cosa: la ama.
I genitori di Maurizio Rovati però non vedono di buon occhio quella relazione che, stando a loro dire, potrebbe intorpidire la tenuta del loro ragazzo. Difatti Maurizio Rovati fa l’amore e per una settimana non si alza dal letto, spossato. A questo punto i coniugi Rovati si rendono conto che i contrabbandieri colombiani non vanno tanto per il sottile quando si tratta di smerciare narcotici a livello internazionale e decidono che il rapporto de figlio con Isidora Tumurra è giunto al capolinea. Maurizio Rovati reagisce con pervicacia a quello che sembra in tutto e per tutto un proclamo dittatoriale e si dichiara prigioniero politico in casa sua; ai giornalisti che vengono a intervistarlo comunica che intende digiunare fino sino a che non gli verrà nuovamente concesso dai suoi genitori la possibilità di riabbracciare la sua Isidora Tumurra. Al che i cronisti gli rivelano che da quando ha iniziato il suo sciopero della fame, cioè due giorni, la Tumurra è stata avvistata con due pizzaioli rumeni, un metalmeccanico padovano e un trans brasiliano: tutti pigiati in una seicento intenti a compiere atti libidinosi.
Maurizio Rovati è talmente atterrito che accetta perfino di farsi consolare dai suoi, che lo incitano a prepararsi per la gara di Manipolazione di Das, in programma per il mese di gennaio in Norvegia. Maurizio Rovati però non dà segni di ripresa, dormendo consecutivamente per sei mesi. Al suo risveglio trova i genitori freddati in cucina, crivellati da pallottole di matrice colombiana: sulla mensola porta zucchero un biglietto reca la seguente dicitura: “ Questo non era un avvertimento”. Maurizio Rovati rimane solo e disperato, cominciando a cercare un motivo per sopravvivere.
(2) Così dopo due mesi passati a fissare le crepe d’umidità che colano dal muro, Maurizio Rovati scopre di avere un certo languorino: nonostante addenti una mela fino a spolparne il torsolo la sua fame non si accinge a placarsi. Esce di casa e si reca in una trattoria alla buona, dove si fa portare pappardelle al cinghiale, fagiano e lepre in salmì con contorno di patate al cartoccio e una zuppa inglese finale per gradire. Scopre così, dopo anni di rigida dieta alimentare, il piacere di mangiare. Da quel giorno in avanti dell’atleta Maurizo Rovati non rimane che un ricordo: ogni momento della giornata diventa buono per consumare qualcosa di solido da infilarsi in bocca. Evitiamo facili allusioni sessuali, grazie. La sua dipendenza dal cibo si manifesta in una rigida tabella oraria, che Maurizio Rovati segue come una precisa sessione di allenamento: alle sei del mattino si sveglia e ingoia senza masticare gonfi bomboloni ripieni di mascarpone puro, alle sette sgranocchia tacos di dubbia provenienza messicana pucciandole in salsine agrodolci ipercaloriche, alle otto fa incetta di fagottini al cioccolato ricoperti di mousse al cioccolato con sopra scaglie di cioccolato, alle nove fa pausa per favorire la digestione e va in un bar a bersi un amaretto sotto gli occhi assonnati dei pendolari. Alle dieci si reca in una riserva boschiva non lontano da casa sua e spara agli uccellini spalancando le fauci non appena li colpisce; quelli ricadono ancora gementi nel suo stomaco, vittime sacrificali dei succhi gastrici. Alle undici ripara dal suo musulmano preferito dove si fa preparare un kebab di proporzioni ciclopiche ripieno di altre tre kebab zuppi di ogni condimento. A mezzodì va in un ristorante del centro e si fa portare due antipasti misti di formaggi e salumi, tre porzioni di pasta al pesto, carbonara e amatriciana e un unico secondo: carne ripiena di pesce. Innaffia tutto con ettolitri di barolo, poi all’una va a casa sua, si fa un mon cherì e schiaccia una pennica rilassante. Quando si risveglia sono le 17 e la fame prende sopravvento sulla digestione, così, mentre espelle nell’antro del bagno i residui della propria crapuloneria, Maurizio Rovati si porta avanti facendo uno spuntino con uno sfilatino di pan pepato farcito di mortadella. Alle 18 Maurizio Rovati va al pub a fare l’happy hour, spazzola tutti i piatti e ordina un negroni che ingolla d’un fiato con i chicchi di riso che penzolano ancora dal suo muso. Alle 19 ciondola verso un baracchino dove si fa servire un cartoccio di nervi di maiale, innaffiati di sale e limone. Alle 20 va al cinema ma solo per prendere pop corn e coca cola, poi non finisce di vedere il film e alle 21 si reca a cena nello stesso posto dove ha pranzato. Il proprietario allerta la protezione civile e in un paio d’ore riesce a soddisfare l’appetito di Maurizio Rovati. Il dessert se lo fa calare direttamente in gola da un inserviente rumeno di nome Dimitru.
Dopo due mesi di alimentazione di questo tipo Maurizio Rovati viene picchiato a sangue da un disadattato convinto di essere il capitano Acab; il suo peso è tale che quando la mattina si sveglia ha bisogno di rotolare giù dal letto con l’ausilio di una zappa che gli fa da perno sotto il sedere.
Un giorno, mentre Maurizo Rovati tenta affannosamente di infilare le chiavi nella toppa di casa, un brivido elettrico gli scuote il petto, risale fino alla testa e gli anestetizza il braccio sinistro. In capo a pochi secondi è sdraiato a terra, vittima di un principio di infarto all’ età di 27 anni. Il dottore che lo prende in cura è un suo ex tifoso e gli intima una dieta ferrea: non deve mangiare nulla per almeno tre mesi, altrimenti morirà. Solo così potrà ritornare a un peso decente. Maurizio Rovati dopo il grande spavento cerca di mettersi d’impegno; per evitare il cibo escogita un’ abile stratagemma: scarica tutta la serie di Lost, Twin Peaks e Beautiful ma alla trentesima puntata di tutte e tre le fiction distrugge il televisore a panzate; ha notato almeno 120 contraddizioni interne che gli rendono impossibile proseguire la visione di tali nefandezze.
Poi però un giorno Maurizio Rovati si guarda allo specchio e quello si rompe: si rende conto di non aver mai vissuto, di essere stato sempre alla mercè degli eventi, delle competizioni prima, dell’amore poi, del cibo ora. Così, indossando una felpa con su scritto Fuck You Everybody esce di casa e osserva il sole che avvampa i campi verdi profumati di primavera, sente gli uccelli che in volo si librano leggeri, ascolta le sommesse risate della massaie che hanno comprato il pane fresco e poi i raggi arrugginiti delle biciclette dei vecchi partigiani, i fruscii del quotidiani degli impiegati che leggono nelle panchine dei parchi, l’azzurro zampillare delle fontane nelle aree verdi dove scorazzano festanti come pasque cani di ogni razza e ceto sociale, in un unico e amorevole abbraccio fraterno. Maurizio Rovati si sente pieno di vita, vorrebbe urlare a tutti la gioia di aver appena capito che il mondo non è così grigio come gli è sempre stato dipinto, cammina a passi larghi mostrando a tutti un intenso sorriso, stringe mani e aiuta le vecchiette ad attraversare la strada, prende un semplice caffè e lo assapora senza ingurgitarne lo zucchero, compra un pacchetto di sigarette e si adagia a osservare mollemente la metropoli che vivifica sotto ai suoi occhi, il blu cobalto della striscia di fumo che si perde nei miasmi caotici del fermento lavorativo. Alla fine della giornata, quando ormai le tenebre cominciano a prender il sopravvento sulla luce, Maurizio Rovati rincasa, non prima però di passare dal fruttivendolo: gli è proprio venuta un
(3) “Io questa me la bumbo”, pensa Maurizio Rovati, con ritrovato vigore.
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