Coca e cointreau – Silvia Mazzocchi
Buttarsi e bruciarsi anche, questo si fa quando si è giovani. Incoscienti ed inconsapevoli, ci crediamo invincibili coi nostri amici e un po’ di alcol, magari cointreau, in corpo. Ma siamo anime leggere, pronte a volare via con un soffio, insieme ai nostri ricordi e a un po’ di polvere che ci è entrata dentro. Con la consueta nostalgica amarezza Silvia Mazzocchi ci racconta tutto questo in Coca e cointreau.
Chi è quel senza Dio che telefona di domenica mattina alle nove?
«Pronto…» biascico con voce impastata.
«Sofi son l’Ary, puoi parlare?».
Sussurra con voce triste e lei non ce l’ha mai la voce triste poi, non la sento da una vita.
«Ary, chi è morto?»
L’ho saputo così che la Kikka era morta.
«Overdose?»
«Pare…non hai letto i messaggi del barrino su WhatsApp?»
No, non avevo letto. Il “Barrino” è un gruppo dormiente, nato mille anni fa per organizzare quelle cene che non vedono mai la luce.
«Sofi si va insieme al funerale? Da sola io non me la sento»
Le ho detto di sì, e subito ci ho ripensato.
Non vedevo la Kikka da quella sera in disco al Seven due anni prima; l’avevo riconosciuta dai riccioli rossi e dal sedere così alto da sembrare uno zainetto. Quando l’ho vista stava sfondando la porta del bagno “a manate”. Urlava alle sue amiche che la dovevano far entrare, erano delle stronze se non le lasciavano nulla.
«Kikka…»
«Sofiiii! Bella l’amica mia!»
Aveva biascicato abbracciandomi.
«Dammi cinque minuti e ci beviamo una cosa insieme!»
Anche se non avevo voglia di vederla strafatta di coca, l’ho aspettata al bar con un gin tonic. Osservavo il magma umano travolto dalla musica house e mi è balzata in mente la nostra prima volta in discoteca.
«Kikka che beviamo? La coca cola sarà da sfigati?»
«Un succo alla pera è peggio! Sofi ordina tu che io mi vergogno.»
«Kikka la devi vincere questa timidezza!»
Due ragazze più grandi ordinarono due coca e cointreau, noi copiammo la loro ordinazione.
«Kikka ma che è il cointreau?»
«E che ne so!»
E giù risatine per vincere l’imbarazzo! Il barman versò nei bicchieri la coca e un po’ di liquido da una bottiglia squadrata. La riconobbi subito! Il cointreau era quel liquore che mia mamma usava per fare i biscotti all’arancia!
Ci lasciammo il bar alle spalle per buttarci nella mischia: era la nostra prima volta in disco e la pianificavamo da mesi! Sfoggiavamo un rossetto rosso fuoco – messo di nascosto – e ci eravamo comprate un pacchetto di Marlboro rosse.
La Kikka era timida a livelli patologici, lo ero anch’io ma la sua timidezza mascherava la mia e con lei accanto mi sentivo più forte.
Mi credevo così grande in mezzo alla pista con la sigaretta in una mano e il bicchiere nell’altra. La scelta del drink si era rivelata vincente, era dolciastro e andava giù bene ma dopo averlo bevuto ci girava la testa e ridevamo come pazze, soprattutto la Kikka, che dopo la bevuta ballava e sembrava un po’ più sicura.
«Eccomi amica miaaaa! Son tutta tua!»
La Kikka arriva alle mie spalle e mi strappa dal tunnel dei ricordi. Lei è in un altro tunnel, parla a raffica è agitata e mi liquida dopo 5 minuti.
«Sofy ci si becca presto per una cena insieme!»
Una cena che non faremo mai.
Non l’ho più vista da quella sera, ho saputo di lei solo dallo starnazzio del quartiere.
«Ma lo sai che la tua amica si droga?!»
Sì lo sapevo, e no. Non lo volevo sapere. Non di lei, non dei vecchi amici del barrino.Quella vita fatta di serate che si consumavano come sigarette, il barrino, teatro fuorilegge dei tempi andati e quelle persone, prima tanto amate ormai erano solo rumore di fondo.
No. Non ci sarei andata al funerale. Ho avvisato l’Ary e dopo 5 minuti ci ho ripensato. Ho cambiato idea mille volte in tre ore.
Alla fine sono qui: circondata da ragazzi, che morire giovani fa ancora un certo effetto. Sorrido ai vecchi amici, abbraccio qualcuno, saluto qualcun’altra ma non vedo nessuno.
Poi chiudo gli occhi e la vedo.
La Kikka mi corre incontro con un bicchiere di coca e cointreau, mi abbraccia e mi dice che sarò per sempre la sua migliore amica.
Silvia Mazzocchi
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