Stefano Loparco – “UT – L’inizio”
Sì, ma Ut che cos’è? Una xenofiction futurista? Un Golem passatista? Un meta-fumetto iniziatico? O l’opera buffa del maître à penser della nona arte italica, al secolo Corrado Roi da Laveno-Mondello? L’enigma c’è. Ut non si spiega. Eppure è. L’anno è il 2016 e la Sergio Bonelli Editore spariglia le carte mandando in edicola una miniserie in sei albi, titolo e contenuto sibillini come la strana creatura omonima partorita dalla mente di Corrado Roi (suo il soggetto e le matite) e Paola Barbato (ai testi): Ut. Pubblico e critica divisi, se non fosse per quell’ohhhh tra l’incanto e lo sgomento. «Ut è bello, bellissimo ma si capisce niente», vuole la vulgata. Ambientata in un mondo post-umano e al grado zero dell’empatia, la saga finisce per imporsi al lettore meno convenzionale e con più di una simpatia verso il fumetto d’autore, non in quello dell’utente da edicola cui il prodotto è destinato. Il resto è storia di queste settimane. Insignito del premio Gran Guinigi 2017 per la migliore serie al Lucca Comics & Games, Ut torna in libreria con un nuovo episodio autoconclusivo, L’inizio (22×30 cm., b/n. 96 pp. € 18, SBE). Ricco di rimandi allegorici, il cartonato conferma – oltre al talento alieno di Roi – la vocazione misterica della saga. Come in una partita a scacchi, toccherà al lettore, tavola dopo tavola (ma che tavole!), avanzare le proprie ipotesi interpretative. Perché Ut inizia dove terminano le certezze dell’osservatore; si spinge in una dimensione ultra-convenzionale dove il significante ha smesso di significare e il senso è imploso. C’è di più. Roi è il più bravo, si sa. Ma è un baro. Se sullo scacchiere un alfiere è un alfiere e la torre fa sempre la torre, i suoi personaggi prismatici agiscono in base a un principio d’indeterminazione affine alla musica aleatoria degli anni Sessanta e Settanta di Bruno Maderna e Luciano Berio e, in ambito letterario, al poderoso – e altrettanto impenetrabile – Horcynus Orca (1975) di Stefano D’arrigo, coi suoi vent’anni di gestazione. Con Ut il prima non determina il poi, il caso è necessario e se c’è un disegno globale, non è dato conoscerlo, non del tutto, non ancora. Ma intanto la partita deve pur cominciare. E allora, dove collocare gli architetti genetici? E perché Ut indossa la maschera? Perché muore Hog? E che cosa sono le case, gli originali, le copie… E Roi? Dice, non dice, ci gira intorno. «Non credo alla funzione pedagogica dell’autore e se c’è non è la mia. Ut è un progetto sperimentale nato dal mio sguardo sulla realtà, solo spostata un po’ più in là». «Cosa rappresenta questo nuovo esordio in libreria?». Risponde Roi: «Paola ed io sentivamo l’esigenza di dare al lettore alcune chiavi di lettura che nella serie erano rimaste inespresse. Perciò abbiamo pensato a un episodio autoconclusivo, fruibile anche da chi non abbia letto i sei numeri precedenti». «Sì ma Ut chi è?». «Un pinocchio bugiardo, un’entità primordiale, mosso dai soli istinti biologici. Poco di più. Non volevo che il lettore si identificasse con lui, perciò gli ho messo la maschera». «E poi?», «Mi pare abbastanza…». Parlando con Roi – attualmente impegnato sull’atteso numero di Dylan Dog in collaborazione con Dario Argento e in uscita nel corso dell’anno – si avverte la sensazione che la strana creatura gli sia cresciuta dentro fino a fagocitarlo, sottraendogli la complessità dell’operazione. O meglio: parlandogli si ha l’impressione che Roi sia davvero lui, la sua creatura (o almeno corrisponda al suo modo di problematizzare il mondo) ma come tutti i ‘lui’, non sia in grado di spiegarsi compiutamente, in un processo d’identificazione con l’opera per cui non c’è più un ‘fuori’, tutto è vissuto dal di dentro. È, ma non sa il perché. Perciò delle due, l’una: o Ut è un festival del disegno o la sublimazione di un’arte popolare che, d’ora in poi, non sarà più la stessa. Detto altrimenti: Ut è o una tirata di dadi o il viaggio iniziatico verso «il sol e l’altre stelle». Insomma, spacconata o opera d’arte, il senso di Ut sta tutto lì. Ora va solo cercato, il senso.
Scacco matto.
Stefano Loparco
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