Alessandro D'Anna- Internati. Bauscia ai tempi del Covid

Alessandro D’Anna- Internati. Bauscia ai tempi del Covid

Grande Inter

Helenio Herrera parlava spagnolo, Peirò segnava, di tanto in tanto, Corso teneva i calzini calati, pareva stanco. Mazzola guizzava come un funambolo in campo; Facchetti in difesa svettava, Guarneri implacabile fermava il suo centravanti, Burgnich picchiava di santa ragione sulla fascia destra, persino segnava ai mondiali, mentre Sarti in toscano imprecava, volando tra i pali d’una porta, piccolo airone fiorentino. Ricordo Picchi, pure Bedin, nel fresco della sera meneghina, immagino un lancio per Jair, magari in area di rigore, Cappellini raccoglie un assist di Domenghini da calcio d’angolo, pure Milani in panchina, a bordo campo. Immagino Gori mezza punta da Cagliari, Vieri portiere da Piombino, Cella calvo, come fosse un vecchio, ripenso a Suarez dai piedi illuminati, benedetti da qualche dio. Bonimba centravanti di sfondamento, tra le maglie d’una rete stregata, vittorie e coppe come anfore, vecchi trionfi milanesi, notti perdute nella nebbia di San Siro, non ancora Meazza, tra luci fioche e struggenti canzoni d’amore disperato. I sogni d’un bambino, nient’altro che ricordi, mentre Vecchioni canta Luci a San Siro e la palla gonfia la rete.

 

 

Prefazione

 Ho letto con passione e attenzione il libro di Alessandro e lo ripercorro attraverso le parole chiave che mi hanno colpito e fatto svolgere riflessioni personali.

Internati: è così, interisti si nasce. Mi piaceva portare il numero 8, rappresenta l’infinito e il mio modo di vivere in neroazzuro senza avere la minima idea di come sia cominciato e con la certezza che non ci sarà una fine di cui possa avere contezza. Infinita è anche la passione del vero interista sia in campo che sugli spalti. Passione forte fatta di momenti di estasi ma anche di sofferenza che, come diceva Khalil Gibran, stanno nello stesso contenitore: solo chi ha provato grandi sofferenze può provare grandi gioie e l’assuefazione alla vittoria (reiterata ma spesso parziale) può essere molto più triste di una pazza sconfitta.

Bauscia: molti osservatori mi hanno spesso classificato così, magari per una frase detta a caldo a fine partita ancora in trance agonistica. Non me ne sono mai pentito, non potevo snaturarmi, sono così, ma non è mancanza di fair-play. L’accezione milanese del termine si riferisce, a mio avviso, a quell’atteggiamento guascone alla pronta reazione davanti ad ogni sfida anche con uno smodato ottimismo nella propria chance di successo;  entravo in campo così, come entra sugli spalti il tifoso senza senso critico, pronto a    ostentare all’avversario  sempre irriverente sicurezza anche alla vigilia delle battaglie più difficili.

Covid: è antitetico alla gioia del calcio, dove l’abbraccio è fondamentale e il contatto fisico necessario. I più bei festeggiamenti sono assembramenti senza regole, così lo erano le feste che si organizzavano dopo le partite vinte, chi ama il calcio e l’apoteosi della gioia del goal  non può ritrovarsi in nessun concetto di distanziamento, di asettico evitamento della condivisione anche fisica.

Spero che questo libro sia edito in concomitanza con l’uscita da questo tunnel e possa essere un buon motivo per serate di gioia tra amici interisti.

Calcio moderno: condivido in gran parte i dubbi dell’autore sul calcio odierno, ma non voglio fare il nostalgico… esemplifico solo un tema: oggi sono tutti amici, ma una volta il derby era molto sentito! Era una guerra, ci si dava dentro fino alla morte e ci si insultava, oggi si entra in campo mano nella mano. Nel derby, ripeto, ci devi mettere il cuore, il sangue… tutto! Con Maldini abbiamo condiviso tanti anni in nazionale e all’epoca frequentavamo lo stesso locale a Milano. Ma quando io vedevo che c’era lui non entravo, e lo stesso faceva anche lui. C’era molta rivalità, siamo anche rimasti due anni senza parlarci.

Ringrazio Alessandro per aver fatto rivivere la storia dell’Inter a suo modo, prendendo spunto da un periodo di necessaria e obbligata riflessione. Nella passione calcistica deve valere il detto “parla e poi pensa” senza mediazioni di convenienza o di correttezza formale. Il suo scritto evidenzia la forza di chi segue con passione una squadra sino a farne una parte importante della propria vita.

Con l’Inter è facile sia così, ci dispiace per gli altri.

Nicola Berti