Antonio Messina – Parziali ritratti d’autore – Gianfranco Franchi
Ho conosciuto Gianfranco Franchi circa dieci anni fa; io iniziavo l’avventura con le parole, lui a quel tempo era il responsabile della rivista Lankelot.eu (oggi Lankenauta diretto da Luca Menichetti), uno dei migliori portali letterari nel variegato panorama italiano. Già a quel tempo Franchi era “un moderno”, uno che rompeva gli schemi, perché nonostante raccontasse di musica, di calcio, del precariato e di amori frantumati, guardava avanti: faceva letteratura, alta letteratura, faceva critica, alta critica letteraria rispetto all’andazzo generale. Ricordo le discussioni; io cercavo visibilità, ero uno “piccolo” scrittore alle prime armi (e tale sono rimasto), lui invece aveva divorato e interiorizzato una moltitudine di parole. Franchi è un visionario, un intellettuale atipico, uno scrittore colto; le sue idee e i suoi libri danno l’esatta misura del suo “pensare” il mondo che ci circonda. Franchi è uno che certo non le manda a dire, un autore di una onestà intellettuale disarmante, un narratore anti sistema, moderno, incorrotto nell’analisi e nelle visioni, sia che faccia letteratura, sia sociologia, e che spesso critichi (come tanti d’altronde) ciò che in questa società manca: il Merito. Mettere quattro parole in croce per parlare di lui e della sua visione della letteratura e del mondo, mi mette a disagio (naturale soggezione per chi ti sovrasta per intelligenza e preparazione) e tuttavia, per affetto e onestà intellettuale, vergare queste mediocri notule, di converso, mi dà grande felicità. Come vivono gli intellettuali del nostro tempo, si chiedeva spesso il nostro autore; e cosa significa oggi essere letterati e non farsi fagocitare dentro la giostra della fantasmagorica industria culturale del libro? Qual è il ruolo giocato dallo Stato e dalla morte della patria nelle vite degli intellettuali, si chiedeva Franchi, in un volume pubblicato con il Foglio Letterario di Gordiano Lupi (Pagano pagine 150 Editore Ass. Culturale Il Foglio).
In quel volume ciò che destò in me mirabile sorpresa fu l’espressione: “che senso ha studiare storia quando la storia d’un popolo non è più condivisa da nessuno?” Sì, un popolo disunito, un popolo senza guida, un popolo che popolo non è mai stato, disperso tra mille parrocchie, in fazioni contrapposte una contro l’altra talvolta per vanagloria, talora per personalismi di bottega, altre volte per manifesto “analfabetismo culturale”, la grande disfatta di un popolo immemore del suo trionfale percorso tra i destini del mondo e della sua fulgida storia.
Franchi è uno dei migliori critici del panorama letterario italiano; come scrittore, (citazione di Paolo Mascheri), è un autore spiazzante, capace di rischiare, renitente sia ai compromessi editoriali che a quelli stilistici. Condivido l’analisi. Franchi è una Eccellenza, un ragazzo di talento che ha lottato, come tutti gli uomini, per dare una svolta e un senso alla propria vita, individuarne le priorità e avere il coraggio di realizzarle fino in fondo, senza compromessi, con lealtà, orgoglio e visione del futuro, sia in letteratura, sia nella vita di tutti i giorni. Franchi è un Don Chisciotte moderno, uno che sa mettersi in discussione, un perfezionista, sia quando scrive racconti, sia quando fa critica letteraria o quando descrive le brutture e le anomalie sistemiche della nostra “ingiusta!” società.
In questi nefasti anni, così gravidi di guerre, crisi economiche, ingiustizie sociali, Franchi ha fatto sentire la sua possente voce ma senza mai cadere nella banalità e nel conformismo, tenendosi a debita distanza dal tranello delle utopie a buon mercato. Franchi ci ha provato, senza forzare, né guerreggiare contro i mulini a vento; un Don Chisciotte dei nostri tempi, istruito, pragmatico, lucido e colto; come critico letterario, inoltre, ha sempre offerto al lettore analisi alte e corrette (naturalmente dal suo punto di vista, la verità è di difficile definizione), talvolta in conflitto con i pseudo intellettuali mainstream spesso funzionali ad una determinata “corrente” editoriale, un sistema di potere corrotto atto a privilegiare taluni autori magari di scarsa qualità ma osannati a discapito di autori di grande qualità ma poco sconosciuti dai lettori.
Cito soltanto, un suo articolo (4+1 di Gianfranco Franchi a cura di Luigi Loi) apparso sulla rivista “I libri degli altri” dove si parlava appunti di alcuni libri esaltati dalla critica, in particolare dell’Isola del giorno prima, 1994 di Umberto Eco.
Ecco cosa dice il nostro:
“Una disgrazia: un libro terribilmente palloso, di una pretenziosità inaccettabile; lo sproloquio di un uomo che aveva troppo tempo libero, uno strazio, verbosissimo, inconcludente. Sbadigliavo, ma pareva nitrissi; e non erano passate che poche decine di pagine. Ricordo che a un tratto sentii un desiderio potentissimo di rivalermi su quel libro per la sua oscenità, per la sua inaccettabile presunzione e per la sua limpida inutilità. Non capisco, ancora adesso, come abbiano potuto pubblicare un libro così orrendo, così sbagliato. Più ancora, mi domando come, durante la rassegna stampa, non si siano sollevate memorabili voci di protesta. La risposta forse la conosciamo già. Inaccettabile”.
“Non capisco, ancora adesso, come abbiano potuto pubblicare un libro così orrendo, così sbagliato. Più ancora, mi domando come, durante la rassegna stampa, non si siano sollevate memorabili voci di protesta”.
Che dire, vi sembra poco andare controcorrente e affermare ciò che non poteva essere neanche sussurrato negli alti e patinati ambienti letterari? Umberto Eco il sommo; parlar male di un libro del grande Umberto Eco, semiologo, filosofo, scrittore, traduttore, accademico, bibliofilo e medievista italiano; saggista e intellettuale di fama mondiale.
Avevo letto anch’io quel libro e tuttavia, pur trovandolo pretenzioso e inaccettabile, mi ero adeguato e così avevo accettato l’idea corrente e cioè che i grandi nomi scrivessero solo cose memorabili (non criticabili) pena la scomunica vita natural durante, con annesso ricorso alla Inquisizione; una critica di sostanza, quella di Franchi, che soltanto gli intellettuali liberi, colti e preparati potevano permettersi di enunciare, naturalmente secondo la loro personale visione della letteratura.
In epilogo, al fine di rinsaldare il giudizio su questo straordinario autore, cito un passaggio della nota introduttiva all’opera “Monteverde” (Castelvecchi pagine 310 p-) di Andrea Di Consoli: c’è anche un’altra cosa che rende Franchi “generazionale”, sostanzialmente novecentesco, creatura divorata dalla tradizione ultima, figlia delle altre: lo stile non calcolato, non algido, non controllato, ma oscillante, con punte di incandescenza sentimentale e lirica davvero commoventi. Ecco, anche in questo Franchi rischia, rischiando, sempre, la fraternità. È un cuore messo a nudo, Monteverde.
Agiografia la mia, direte voi?
Credo di no, a me piacciono i Don Chisciotte antichi e pure quelli moderni.
“Orbene, a tutto c’è rimedio meno che alla morte, sotto il giogo della quale tutti si deve passare, per quanto, quando la vita finisce, ci dispiaccia.”
Gianfranco Franchi [Trieste, 1978], letterato romano di sangue istriano, austro-triestino e tivolese. Laureato in Lettere Moderne a Roma III nel 2002, con una tesi in Sociologia della Letteratura, ha pubblicato due raccolte di racconti, “Monteverde” [Castelvecchi, 2009; tit. or. “New Order”] e“Disorder” [Il Foglio Letterario, 2006] e l’antiromanzo “Pagano” [Il Foglio Letterario, 2007]; uno strano anfibio, “L’arte del Piano B. Un libro strategico” [Piano B, 2011]; un saggio, “Radiohead. A Kid. Testi commentati” [Arcana, 2009]; una raccolta di versi, “L’inadempienza” [Il Foglio Letterario, 2008]; oltre 1500 recensioni, saggi brevi e interviste, nel tempo. Vive a pochi passi dal Gianicolo, fuori Porta san Pancrazio.
Come critico letterario, Franchi ha collaborato coi quotidiani “Il Riformista” e “Il Secolo d’Italia”, coi periodici “BlowUp”, “Turismo Culturale” e “Alfabeta2-Alfalibri”, con Radio Capodistria, RadioRai Friuli-Venezia Giulia, RadioRai3, WebRadioRai8; in rete, a parte “Lankelot”, con “Mangialibri”, “Absolute Poetry”, “Tiscali” e con “Il Paradiso degli Orchi”.
Come consulente editoriale e scout, ha lavorato per Castelvecchi, Arcana, Alet e Piano B.
Antonio Messina
Commenti recenti