Biglietti dalla Val di Cornia – 2 –
Scirocco
Scirocco che modifichi giorni settembrini, che fai sembrare tutto decadente,
appiccicoso, fluido, surreale. Tempo che scorre tra fiori d’oleandro, privi d’aroma, macigno arroccato sui miei giorni, impossibile memoria del passato, mentre edera e buganvillea riassumono il senso della vita. Lo so che il meglio d’altri tempi non era che la nostra giovinezza, che i profumi di primule fiorite hanno il potere di riportarmi bimbo, che il sogno di un istante resta sospeso nel turbine del vento. Per questo non mi resta che coltivare frammenti di parole, riassumere in distratte sensazioni quel che resta vivo del ricordo. Uno spicchio d’isola lontana che fa capolino dagli antichi tetti, le nubi dense e nere sopra l’Elba alla deriva di tutti quei pensieri che si soffermano nel crepuscolo serale a rammentare quel che non è stato. Poco altro rievoca il vento di scirocco che si sofferma sui corpi e sulle case, tra salmastre tamerici che si sporgono con tristi rami abbandonati nel solito frammento d’orizzonte.
Un generale nel suo labirinto
Bandiere arcobaleno segnano il territorio, marcano i luoghi, sotto il Rivellino che difese dai mercenari e oggi protegge da un generale fuori dalla storia. Un mondo al contrario, certo, quello d’un labirinto ineluttabile che niente ha in comune con Simon Bolivár, ma è solo un triste condensato di parole inutili, sogni perversi, improbabili deliri. Ogni generale ha il suo labirinto terminale, alcuni glorioso, altri decadente, gettato in faccia ai sogni della gente. Oggi il nostro Rivellino non difende dalle spade ma dall’ignoranza, scorre una folla sotto le antiche mura che non vuol sentir parlare alla sua pancia, pretende (guarda un po’) di ragionare con il cuore. Troppa polizia tra tanti giovani, inutile spiegamento, nella mia pacifica Piombino, da tempo immemore assuefatta al peggio. Quando decidono di mandare navi in porto colme di gas da liquefare, quando arriva un generale e parla contro diritti che è stata dura conquistare. Non voglio vederlo, non voglio sentir le sue parole, come il sangue di Ignazio sull’arena, anche se da tempo son passate le cinque della sera. Il generale ha parlato, fantasma nel pomeriggio piombinese, ecco che può partire per nuove battaglie, conquiste disperate, dileguandosi nell’ombra della sera, immagine fuggitiva condannata dal giudizio della storia.
Gordiano Lupi
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