Federica Marchetti: Salvatore Quasimodo
Cinquant’anni fa moriva Salvatore Quasimodo (20 agosto 1901 – 14 giugno 1968) poeta ermetico e civile, stroncato e idolatrato allo stesso tempo, Premio Nobel per la letteratura nel 1959, oggi profondamente dimenticato. Se ai giorni nostri la narrativa vive la stagione più infelice di tutti i tempi, la poesia è tristemente tramontata. Le nuove generazioni non leggono (gli italiani sono ultimi in classifica), vanno solo i best seller (meglio se stranieri e di genere), la narrativa vince comunque sulla poesia.
Nato a Modica (Ragusa) e morto a Napoli, vissuto a lungo a Roccalumera (dove oggi si celebra la sua memoria) e a Roma (ma anche in Liguria, in Sardegna e a Milano), Salvatore Quasimodo è stato insigne poeta ermetico ma anche eminente traduttore (di greci, latini e inglesi tra cui Shakespeare e Ezra Pound) tanto che per molti la sua seconda attività ha superato a prima. Per certi versi il Premio Nobel (che ritirò il 22 ottobre del 1959 dopo il Premio San Babila, il Premio Etna-Taormina e il Premio Viareggio) non scalfì minimamente l’ostilità che lo circondava e addirittura in molti pensavano che la sua migliore poesia fosse racchiusa nelle traduzioni. Fin dall’annuncio il suo paese (l’Italia) non prese bene l’assegnazione del Nobel (l’incredulo Leonardo Sciascia scrisse in difesa di Quasimodo) anzi se ne mostrò quasi offeso (era stato candidato l’anno precedente da Carlo Bo e Francesco Flora per l’Italia e da Maurice Bowra dell’Università di Oxford). Il poeta subì e soffrì questa insofferenza del mondo letterario dominato da odi, gelosie e frustrazioni. C’era chi lo non capiva, chi non lo ascoltava, chi lo segregava nella sua sicilianità (che Quasimodo mostrava in tutte le sue sfaccettature) e chi lo sottovalutava.
I maestri dell’ermetismo furono Ungaretti e Montale che ne tracciarono le linee guida. Il movimento era nato tra gli anni ’30 e ’40 e il suo era il messaggio elitario di un poeta nel tentativo di esprimersi staccandosi dalla realtà. Il suo centro fu Firenze grazie al proliferare di riviste nate ai primi del ‘900: l’organo ufficiale del movimento fu “Campo di Marte” diretta da Alfonso Gatto e Vasco Pratolini. Tra le sue fila militavano Mario Luzi e Carlo Bo, quest’ultimo critico del gruppo.
Quasimodo iniziò a pubblicare le poesie nel 1930 (con la raccolta Acque e terre) dove celebrava la sua amata Sicilia abbandonata con rammarico nel 1919. Dai ricordi e dalla nostalgia del passato felice egli maturò un’angoscia e una sofferenza tutta autobiografica. Negli anni ’30 produsse i versi più espressivi laddove il suo stile musicale, originale e personalissimo, lo caratterizzò e lo distinse. Fu la guerra a rilanciarlo tra gli uomini a cui dedicò la seconda parte della sua produzione poetica dopo aver abbandonato quella tendenza di isolamento cara agli ermetici. Portavoce della condizione umana più sofferente, aderì alle lotte sociali, volle essere epico, corale; e militò nella sinistra. Quasimodo fu il testimone del passaggio della letteratura verso la modernità. Originale, efficace sincero, egli ci ha lasciato dei versi immortali. Alla fine della sua vita, nelle ultime liriche (la sua ultima raccolta Dare e avere è del 1966) è il compendio di una vita, il bilancio del proprio percorso poetico e umano (con uno sguardo rivolto al tema della morte).
Salvatore Quasimodo alla consegna del Premio Nobel il 22 ottobre del 1959.
Nato da una famiglia umile, Quasimodo si era diplomato all’Istituto Tecnico-Matematico di Messina ma non era riuscito a laurearsi in Ingegneria che aveva abbandonato per lavorare. Non si era dato per vinto: aveva collaborato a periodici e studiato greco e latino con un Monsignore (pronipote del segretario di papa Leone XIII). A 25 anni era entrato a lavorare al Ministero dei lavori pubblici di Reggio Calabria. Sposatosi due volte (vedovo di Bice, si era unito a Maria da cui aveva avuto il figlio Alessandro, nato nel 1939, attore, regista e poeta) fu anche insegnante di letteratura al liceo Giuseppe Verdi di Milano. Sua sorella Rosa era sposata con Elio Vittorini. Colpito da un ictus ad Amalfi, morì mentre un’auto lo stava portando all’ospedale di Napoli. È stato seppellito nel Cimitero Monumentale di Miano. Era stato iscritto alla Massoneria. Nel 2001 le Poste Italiane hanno emesso un francobollo celebrativo (a 100 anni dalla nascita del poeta). Nel 2015 il figlio Alessandro ha venduto il Premio Nobel del padre (unico caso nella storia) per il valore di 100.000 euro.
Le opere e la memoria del poeta siciliano vengono mantenute vive sul sito a lui dedicato www.salvatorequasimodo.it. Dal 2001 a Roccalumera esiste il Parco letterario (www.parcoquasimodo.it) intitolato al poeta e gestito dal Club Amici di Salvatore Quasimodo mentre a Messina (nella sede della Provincia) è stata allestita una galleria a lui dedicata.
Federica Marchetti
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