Francesco De Luca – Gu Cheng e la dannazione del sentire profondo
La dannazione del sentire profondo è stata l’intima amica-nemica di Gu Cheng, di cui qui di seguito riporto volontariamente solo pochi versi. Versi che risuonano, a mio avviso però, come schiaffi a mano aperta sul muro di una caverna.
Chi non gradirebbe anche solo un sottilissimo raggio di luce in una stanza perennemente oscura? Quale vagabondo, in un deserto assolato, rifiuterebbe un angolino di ombreggiante frescura per ristorarsi un po’?
Così, come l’autore, anche noi siamo alla ricerca di un po’ di luce, magari filtrante attraverso una serratura segreta: dopo aver percorso gli spessi e oppressi vicoli della mente umana, zigzagando senza porte né finestre, tutto può apparire senza speranza e senza senso. Ma è davvero così?
Gu Cheng riuscì ad aprire molte porte, oniriche e oscure, oltrepassando il limite consentito alla sopportazione dellla poetica umana, superando in follia quei molti che si erano invece fermanti atterriti innanzi alla morte.
Dopo aver ucciso con un colpo d’ascia la donna che amava, che lo stava abbandonando, incapace di sopportare la potenza delle visioni in un mondo in cui non vi era più lo spazio per il sogno, neanche il sogno d’amore, solo, con il silenzio acuto dell’oltremateria fisso nei pensieri, si lasciò andare all’incapacità di vivere tra sconosciuti, lui che non aveva mai neanche amato giocare bambino tra bambini, preferendo guardare agli alberi e alle formiche.
Sembra si affrettò a scrivere molto sbrigativamente quattro righe prima di avviarsi a lasciare l’orrore di questa spietata modernità con un cappio intorno al collo, in un giorno d’inizio Ottobre millenovecentonovantatre.
小巷 Vicoli
小巷 Vicoli
又弯又长 lunghi e curvi
没有门 senza porte
没有窗 né finestre
我拿把旧钥匙 prendo vecchie chiavi
敲着厚厚的墙 sbattenti su spessi muri
Francesco De Luca
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