Gordiano Lupi – “Deserto rosso” di Michelangelo Antonioni
Deserto rosso (1964)
di Michelangelo Antonioni
Abbiamo rivisto Deserto rosso a distanza di molti anni, grazie a Canale 34, nuova emittente televisiva in chiaro targata Mediaset, dedicata al cinema italiano, senza barriere di generi, dopo il lancio inaugurale riservato a Federico Fellini nel centenario della nascita. Il nono lungometraggio di Antonioni, primo a colori, grazie alla collaborazione di Carlo Di Palma (Nastro d’Argento per la fotografia), si ricorda soprattutto per la grande attenzione cromatica riservata agli ambienti che riproduce. Il titolo in lavorazione – Celeste e verde – avrebbe reso l’idea della cura profonda e di un’attenzione alla nuova fotografia, immortalata in modo magistrale dopo tanti capolavori girati in bianco e nero. Il film vince il Leone d’Oro a Venezia, ma non conserva lo stesso smalto con il passare degli anni, perché certe posizioni ideologiche e determinati dialoghi, se non storicizzati, sembrano mere pose intellettualistiche. I temi di Antonioni restano gli stessi: incomunicabilità, crisi della famiglia borghese, nevrosi, alienazione nella modernità, problemi della nuova società industriale, fiducia nel progresso e nel socialismo. Deserto rosso racconta una storia a colori perché secondo Antonioni il colore ha preso un posto importante nella nostra vita, quindi usa il colore in funzione espressiva, inserendo nel contesto molta plastica colorata e tante scenografie celesti e verdi di grande intensità cromatica. Un film sulla crisi individuale di una donna – una grande Monica Vitti – che si ricorda anche per la battuta Mi fanno male i capelli (tratta da una poesia di Amelia Rosselli), pronunciata in piena disperazione nevrotica, dopo aver tentato il suicidio e tradito il marito. Antonioni stigmatizza i vizi privati e le pubbliche virtù della borghesia capitalistica, mette alla berlina la famiglia tradizionale, punta l’indice sulle incomprensioni di coppia, sul rapporto coniugale e sul ruolo dei figli in un contesto desolante. Un film molto teatrale, sceneggiato da Antonioni e Guerra con lunghi dialoghi poetici, molto impostati, spesso inconcludenti, che mettono in evidenza il deserto nel quale si muovono i protagonisti. La parte più cinematografica è la narrazione onirica di una fiaba da parte della madre al bambino – che si finge malato per non andare all’asilo – con la visione di una ragazza sulla stupenda spiaggia di Budelli, in Sardegna. Gli esterni principali sono girati a Ravenna, in un deserto totale, angosciante, tra industrie, baracche sul mare, attracchi portuali e scarichi maleodoranti. Molta psicanalisi, scavo interiore nella psicologia dei personaggi, soprattutto la donna interpretata da Monica Vitti. Troppo poco per reggere la prova del tempo. Datato.
Regia: Michelangelo Antonioni. Soggetto e Sceneggiatura: Michelangelo Antonioni, Tonino Guerra. Fotografia: Carlo Di Palma. Montaggio: Eraldo Da Roma. Effetti Speciali: Franco Freda. Musiche: Giovanni Fusco, Cecilia Fusco, Carlo Savina, Vittorio Gelmetti. Scenografia: Piero Poletto. Costumi: Gitt Magrini. Produttori: Tonino Cervi, Angelo Rizzoli. Case di Produzione: Film Duemila (Roma), Francoriz Production (Parigi). Durata: 120’. Genere: Drammatico. Interpreti: Monica Vitti, Richard Harris, Carlo Chionetti, Xenia Valderi, Rita Renoir, Aldo Grotti, Lili Rheims, Valerio Bartoleschi, Emanuela Pala Carboni, Bruno Borghi, Giusepe Conti, Giulio Cotignoli, Giovanni Lolli, Hiram Mino Madonia, Giuliano Missirini, Arturo Parmiani, Carla Ravasi, Ivo Scherpiani, Bruno Scipioni.
Gordiano Lupi
Commenti recenti