Il colore del bianco - Silvia Galetti

Il colore del bianco – Silvia Galetti

IL COLORE DEL BIANCO

Bianco.
L’abito da sposa di Valentina era bianco. Il sole rincorreva le piccole perline traslucide fissate sui ricami e lei brillava. Felice. Anche mamma era stata così il giorno del suo matrimonio, così padrona della sua vita come la spuma del mare che avanza impavida lungo la battigia. Lei e mio padre si erano sposati tardi rispetto ai loro amici e il loro matrimonio era pieno di adulti in miniatura che sgambettavano impacciati nei loro vestitini da cerimonia.
Si erano conosciuti ad una festa a tema anni Cinquanta, riesco quasi a vedere mamma davanti a miei occhi scatenarsi con le sue amiche in mezzo alla pista con il suo vestito a pois che la seguiva ad ogni passo.
Immagino il momento in cui aveva intravisto mio padre al bancone del bar con i suoi amici, il viso liscio, lo sguardo superiore di chi si atteggia forte ma rischia di frantumarsi con la facilità di un cristallo.
«Beh, perché non venite a ballare?» Si era avvicinata spavalda.
«Preferiamo il bar». Aveva risposto Zio Claudio, l’attenzione del gruppo era su di lei. I dieci occhi si muovevano sulle nuove arrivate, i più curiosi sbirciavano dietro mamma scrutando le gambe infinite di Cristina o la vita sottile di Laura.
Li vedo così, Zio Claudio che reggeva il gioco e mamma che si metteva in mostra per l’unico che non sembrava interessato a lei. Era stato così facile per papà: lei si era fatta stregare come un serpente, ballando sinuosamente sotto i suoi occhi.

Bianco.
La neve è bianca. Toccarla ti gela le mani.
Non riesco a ricordarmi quando tutto ha iniziato a diventare freddo. Vedo immagini stampate con colori vividi di noi tre al parco divertimenti quando ero piccola, mamma con me sulla giostra dei cavalli e papà a terra a immortalare il momento, o il giorno del mio compleanno in cui papà aveva portato trionfante la scatola con quel piccolo batuffolo vivo al suo interno ed io avevo provato così tante emozioni che alla fine mi ero messa a piangere. Ci ricordo passeggiare sulla spiaggia: io che raccontavo la mia nuova vita da adulta, mamma che faceva domande e papà che ascoltava, travolto dalle nostre parole. Si era sempre fatto stravolgere la vita da me e mamma, le sue donne. Si era lasciato trasportare lungo la strada che noi avevamo scelto, aveva girato a sinistra con noi e ci aveva seguito quando eravamo tornate indietro sui nostri passi per una scelta migliore.
Ho sempre visto le nostre vite colorate, fino a quando tutto ha iniziato a perdere intensità.
Potrebbe essere stato all’inizio della pandemia? La cassa integrazione? L’isolamento? O qualcosa avvenuto nella sua vita parallela?
Ripensandoci, il cambiamento  era avvenuto sotto i nostri occhi, me lo ricordo a fissare il vuoto, il viso stravolto, seguiva le fate che ballavano intorno a lui. Parlava poco, a stento rispondeva alle domande.
«Com’è andata la giornata?»
«Bene» rispondeva a denti stretti.
«Le tue piante stanno crescendo?»
«Mmm».
Impiegava così le sue giornate. Si dedicava ad ogni bocciolo nella speranza di vederlo schiudere, toglieva le erbacce, controllava che la terra fosse umida.
Le sue piante avrebbero dovuto salvarlo.
Noi avremmo dovuto salvarlo.
Era stato stravolto dal mondo che cambiava lì fuori. E noi non l’avevamo capito, era caduto e si era frantumato. In mille minuscoli pezzi, impossibili da incollare.

Bianco.
Sono stesa a letto, sul mio materasso, scivolo dentro a queste sabbie mobili.
Guardo il soffitto sopra di me. È bianco. Bianco come la sua pelle, quel giorno.
Lo vedo ancora. Lo vedo ogni notte. Mio padre… Appeso… Senza vita.

Silvia Galetti

Foto by: https://unsplash.com/photos/R9OueKOtGGU?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditShareLink