Lorenzo Mazzinghi – Favola di fine estate per bambini dentro In sei parti
LA BELLA, LA BESTIA E IL LIKE.
Mi ricordo il primo like, ero piccola, piccolissima, nelle braccia di mia madre, neppure sapevo cosa fosse… come mai avrei potuto chiederlo?
Eppure arrivò. Zack!
Riconobbi subito quel brividino lungo la schiena.
E mi piacque molto.
Il secondo e il terzo sopraggiunsero senza quasi accorgermene.
Iniziai così a fare in modo che me ne arrivassero altri.
E Zick! Più me ne arrivavano e meglio stavo. E Zack! Ahh, veramente una goduria. E Zuuck!!
Ero tutta un like.
Capii da subito che la cosa più importante era sorridere.
Ed io ho un gran bel sorriso. Me lo hanno sempre detto tutti.
Crescendo non sono cambiata.
Diciamo che ho sempre mantenuto livelli standard di like piuttosto elevati. Inoltre ho imparato tecniche sempre più sottili e accurate che di certo non vi rivelerò qua! Anche se so con certezza che tra di voi c’è qualcuno che sa bene di cosa stia parlando.
Riesco ormai ad ottenere like senza quasi far niente, apparentemente. Sapessero il faticoso lavoro che in realtà c’è dietro. Cioè, per me non è un lavoro… anche se ogni tanto ho questa palpebra ballerina che non riesco a controllare.
Ricordo Marco, il mio compagno di banco delle superiori.
Un tipo un po’ strano, una persona rara. Oggi lo definirei un amico vero, di quelli che è bello incontrare nella vita.
A lui i like facevano l’effetto opposto al mio.
Il brividino che sentiva probabilmente era lo stesso ma, evidentemente, aveva imparato ad interpretarlo come una sensazione sgradevole, dalla quale allontanarsi il più in fretta possibile.
E così faceva di tutto per non ottenerli.
Inizialmente detti credito a questo suo ostentato atteggiamento di superiorità nei confronti dei like. Per descriverlo a grandi linee si potrebbe dire che, quando qualcuno provava ad appiccicargli un like, Marco abbassava immediatamente lo sguardo girando la testa da qualche altra parte per poi dire qualcosa, spesso una battuta, che spostasse l’attenzione su qualcos’altro. Più o meno.
Era molto bravo a farlo.
Riusciva a dissolvere quei like in delle pozze fangose di battute e risate, alle volte, mi sento di dirlo, un po’ irriverenti e fuori luogo.
E quei like scomparivano veramente.
Per un periodo lo guardai come fosse un vecchio saggio. Ammiravo questa sua forza e questa sua indipendenza decisionale.
Dopo un po’ iniziai a nutrire qualche dubbio riguardo a questa sua saggezza. Soprattutto da quella volta in cui lo vidi non fermarsi all’alt della polizia pur non avendo niente da nascondere, sfuggendo al fermo in maniera rocambolesca e incosciente per poi andare a festeggiare con i suoi amici ubriaconi al pub del porto.
Mi colpì molto questo episodio, e cominciai ad osservare Marco da un altro punto di vista.
Iniziai a sospettare che il mio amico fosse schiavo dei like quanto me. Ma in maniera opposta.
Se sentiva puzza di like faceva in modo di non ottenerlo. Quindi anche lui reagiva al like quanto me! Quindi anche lui, volente o nolente, ubbidiva a qualcosa.
E chiamava Libertà un’altra schiavitù. La sua.
Non gliel’ho mai detto, non credo che sarebbe riuscito a mandare giù un boccone così amaro tanto facilmente. E non volevo litigarci. Ci tenevo molto a lui.
[continua…]
FINE PRIMA PARTE
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Favola di fine estate per bambini dentro:
LA BELLA, LA BESTIA E IL LIKE.
(seconda parte)
Per me era tutto molto più chiaro.
La ricerca dei like guidava le mie giornate.
E mi piaceva.
Si può dire che è stata da sempre il faro della mia esistenza: una specie di bussola che in ogni istante mi diceva come muovermi e in che direzione andare.
Con il passare del tempo ho iniziato a bramare i like sempre di più, in ogni luogo e momento. Approvazioni, applausi, sorrisi, sguardi, per me erano come tanti piccoli orgasmi.
Così iniziai a togliere ogni pezzo di me non soddisfacente per sostituirlo con qualcosa che fosse adeguato a ricevere like. Limare. Asportare. Sostituire.
Perfezionarsi.
Li ho tolti tutti.
Ciò che ero scomparve. Per lo meno credo.
Onestamente adesso non saprei neppure dire se ci sia mai stato altro.
Il primo piccolo problema fu quando mi accorsi di non poter più riuscire a farne a meno. Un giorno senza like era un giorno sprecato.
A questo mio atteggiamento si affiancò una sorta di bulimia.
Non mi bastavano. Ne volevo sempre di più!
E soprattutto ne volevo sempre di più importanti.
Oggettivamente più importanti.
Qualcuno nel corso degli anni mi ha dato della scalatrice sociale, spostando il focus dell’attenzione su qualcosa di ideologico che proprio non mi appartiene. Anche perché ho una splendida famiglia con due bambini che non mi sognerei mai di lasciare.
Io l’ho sempre fatto solo ed esclusivamente per i like.
Mi servono a confermare che.
Non posso smettere.
E poi cosa vorrebbe dire smettere?
Al solo pensiero mi sento completamente persa nel vuoto, senza alcun orientamento.
Inizio a sudare e a sentirmi male. Mi mancano le energie.
È come se andassi in calo.
Io che non mi fermo un attimo.
Io che non ho mai fumato marijuana perché mi dicevano creasse dipendenza.
Mi piace essere premiata.
E, obbiettivamente, me lo merito.
Con il passare del tempo diventai sempre più brava ad accaparrarmi i like.
Così brava che ad un certo punto iniziai ad annoiarmi.
E questo fu senza dubbio il problema più gravoso della questione.
Il punto è che sapevo già in anticipo le reazioni che avrebbero avuto i miei interlocutori ancor prima che io facessi quello che dovevo fare! Erano tutte interazioni che conoscevo a memoria e che avevo già ripetuto più e più volte.
E ahimé, non c’era più alcun cenno di sorpresa in tutto questo.
Ciò che prima mi sembrava figo iniziò a risultarmi monotono.
Mi annoiavo. Mi annoiavo a morte.
Avevo la netta percezione che non si trattasse di una noia passeggera, come quella che va e che viene. Come quella che alle volte quasi ti culla per poi lasciar spazio al fiorire della creatività.
Questa era più una noia che definirei… esistenziale.
[continua…]
FINE SECONDA PARTE
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Favola di fine estate per bambini dentro:
LA BELLA, LA BESTIA E IL LIKE.
(terza parte)
Dentro di me c’è una casa.
Si trova in riva al mare su una spiaggia desolata.
Io mi trovo nell’unica stanza.
È vuota.
I muri tra il bianco e il grigio.
Le finestre sui due lati opposti, spalancate e impotenti, lasciano imperversare le raffiche di vento.
Unico oggetto presente una tendina di lino. Anch’essa bianca. Che in balia delle folate ora si aggroviglia e ora si distende, formando figure di spirali che si susseguono compulsivamente in un moto frenetico e abbandonato.
Ormai non vi è rimasto più niente.
Mi sono venduta tutto.
Tutto in cambio dei like.
Via la tristezza, dentro il sorriso.
Via il sentimento, dentro la prestazione.
Via la profondità, dentro l’apparenza.
Così via, piano piano, pezzo per pezzo, ho tolto tutto ciò che non mi piaceva. Tutto ciò che non gli piaceva.
Un giorno la descrissi a Marco. Ed egli in seguito fece lo stesso con la sua.
A quei tempi le tende della mia casa si trovavano ad entrambe le finestre ed erano colorate.
Non serbo memoria di come iniziò questa specie di gioco e quale fu l’occasione che mi spinse a raccontarmi a lui. Forse il giorno prima avevo litigato con i miei genitori o con il mio ragazzo. Non saprei dire.
Ricordo bene però che lo facevamo spesso.
Ci raccontavamo quello che succedeva nelle nostre case.
E ci piaceva.
Fu così che diventammo intimi durante una lezione di matematica della prof. Benelli, a una quinta ora di un qualche martedì mattina in una piccola cittadina di mare.
E da lì in poi restammo così.
Dolcemente. Quasi senza accorgercene. Cuore a cuore. Per tutte le restanti ore che ci avrebbero portato alla conclusione di quel 5° anno. E, purtroppo, alla nostra separazione.
Si potrebbe dire che mentre la Benelli ci spiegava la matematica in teoria noi la sperimentavamo nella pratica.
Eravamo come due asintoti che continuavano a cadere l’uno verso l’altra senza riuscire a toccarsi mai.
Forse eravamo più che amici.
Forse ci stavamo innamorando.
[continua…]
FINE TERZA PARTE
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Lorenzo Mazzighi
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