Poesie di Felix Luis Viera
Pubblichiamo con piacere questa selezione di poesie di Felix Luis Viera, tradotte da Gordiano Lupi. Nel 2022 Il Foglio Letterario ha pubblicato l’antologia di versi Sin ton ni son di Viera, sempre tradotte da Lupi.
Golpe de agua
La muchacha avanza a rítmicos pasitos
hasta que la punta de sus pies besan
las puntas de la solas.
El bikini de la muchacha es una llamarada bajo el sol.
La muchacha se decide y el agua
le traga los tobillos, las
rodillas;
diríase que es una danza
que va apoderándose del agua,
diríase —basados en el movimiento
de las extremidades y el cabello—
que es una orquesta apoderándose del agua.
Ahora el mar, eróticamente, lame
el borde inferior del bikini.
Aún con el filo azul a la cintura
—por el decir el busto—
puede opinarse que persisten sumergidas
las piernas su rítmico proceso.
Desde mi mirador entre la sombra de dos pinos
he visto el derrumbe de la danza, la
orqueste, el movimiento,
la rotura de la esbeltez del talle y los colores.
La magia de una ola ha convertido a la
muchacha
en un terroncito de azúcar anegado.
Verano de 1968
Acquazzone
La ragazza avanza a passi ritmici
fino a quando le punte dei suoi piedi non baciano
le punte delle suole.
Il bikini della ragazza è uno splendore sotto il sole.
La ragazza si decide e l’acqua
le inghiotte le caviglie, le
ginocchia;
si direbbe una danza
che va impadronendosi dell’acqua,
si direbbe – basandosi sul movimento
degli arti e dei capelli –
un’orchestra che s’impossessa dell’acqua.
Adesso il mare, eroticamente, lambisce
il bordo inferiore del bikini.
Ancora con il bordo blu alla vita
– voglio dire il busto –
si può dire che restino sommerse
le gambe nel loro ritmico processo.
Dalla mia postazione all’ombra di due pini
ho visto il crollo della danza,
l’orchestra, il movimento.
la rottura dell’eleganza della figura e dei colori.
La magia di un’onda ha trasformato la
ragazza
in una zolletta di zucchero intrisa d’acqua.
Estate del 1968
Poema para dos soledades
Aquí en la piscina de este hotel qué triste
descubrir a este hombre solo
que mira como una vaca enferma a las
muchachas
al agua a la cerveza a los objetos.
Qué triste me parece este hombre señoras y señores
qué triste su pulóver su bolígrafo
su cabellera rota en las entradas
qué triste sus sandalias sus botones su vaso
detenido en un gesto vacío detenido
en un gesto parecido a la muerte.
Qué ganas de buscarle compañera.
Qué ganas de pedirle a esa muchacha
que se siente junto a él en la mesita
y le diga “no sufra más compadre míreme las
carnes
míreme el vientre y verá en él una estrella
calientica
míreme compadre qué dulce qué ardorosa qué
tibia puedo ser y soy
vamos no se ponga así hombre tomemos más
cerveza
y no piense que el mundo se está acabando si al
contrario
aquí en mis piernas brilla como si ahora mismo
lo estuvieran descubriendo”
Que le dijera la muchacha “vamos señor
olvide las penas olvídese de la ingrata o del mal
que la parió
olvídese en fin de lo que sea:
del amigo traidor o del caballo muerto vamos
póngase la trusa y no le estropee la vida
a los demás
instalándose semejante cara en pleno público”
Que le dijera la muchacha: “Vamos en fin yo lo
Acompaño
a lanzarnos del trampolín a zambullirnos vamos
que yo lo ayudaré
a contentar esa vida que parece tan
maltrecha”.
Pues de verdad qué triste
me parece este hombre señoras y señores.
Qué ganas de llamar a esa muchacha…
O bueno… creo que es mejor llamar a dos
muchachas.
Junio de 1981
Poesia per due solitudini
Qui nella piscina di questo hotel che triste
scoprire quest’uomo solo
che guarda come un’animale sofferente le
ragazze
l’acqua la birra gli oggetti.
Che triste sembra quest’uomo signore e signori
che triste il suo maglione la sua penna
la sua chioma spezzata alle tempie
che tristi i suoi sandali i suoi bottoni il suo bicchiere
trattenuto in un gesto vuoto trattenuto
in un gesto simile alla morte.
Che voglia di cercargli una compagna.
Che voglia di chiedere a una ragazza
di sedere accanto a lui al tavolino
per dirgli: “non soffra più amico mi guardi le
carni
mi guardi il ventre e lì vedrà una stella
rovente
mi guardi amico quanto dolce ardente
calda posso essere e sono
andiamo non faccia così uomo beviamo ancora
birra
e non pensi che il mondo stia finendo se al
contrario
qui tra le mie gambe splende come se proprio adesso
lo stessero scoprendo”
Vorrei che la ragazza gli dicesse: “andiamo signore
dimentichi le pene dimentichi l’ingrata e il male
che le ha fatto
dimentichi infine tutto quel che è stato:
l’amico traditore o il cavallo morto andiamo
si metta il costume e non rovini la vita
agli altri
sfoggiando un simile volto in pieno pubblico”
Vorrei che la ragazza gli dicesse: “Andiamo infine io
l’accompagno
a lanciarci dal trampolino a tuffarci andiamo
che io l’aiuterò
ad appagare quella vita che sembra così
malconcia”.
Perché davvero che triste
mi sembra quest’uomo signore e signori.
Che voglia di chiamare una ragazza …
Bene … credo che sia meglio chiamare due
ragazze.
Giugno 1981
Marianela
Te esperaba como a la miel llameante
porque al principio me bañabas
con una dulzura caliente.
Me derrites. Me haces un animal
Perfecto
por obra y gracia de tu estilo
cuando te desnudas y avanzas;
pero más por tu espalda
que al comienzo concibo espiritual
y que se aleja, ardiendo en ascenso,
ante mis ojos
y es al instante una manzana de fuego,
un bosque para pacer como un
búfalo herido.
Por eso temblaba como con un frio
Caliente
cuando te esperaba, consumiendo
cigarros, salivas y paciencia
como un condenado a no morirse.
Por eso cuando llegabas era igual
que si se abrieran
las puertas de todas las iluminaciones y
victorias
y constataba que era un zar terrible
un aguacero de ladrillos
una espada autómata en busca de tu
sangre.
Pero siempre al final, cuando huían
los dos círculos del trópico,
se metía la calma, la soledad recíproca
(la realidad como una bofetada de agua
fría).
Y después
te observaba disminuir a través de la
ventana
y verifico que de pies a cabeza todo
se moría
para renacer en el próximo encuentro.
Agosto de 1968
Marianela
Ti attendevo come un miele ardente
perché al principio mi baciavi
con una calda dolcezza.
Mi fai sciogliere. Mi trasformi in un animale
Perfetto
grazie al tuo stile
quando ti denudi e avanzi;
soprattutto per la tua schiena
che al principio percepisco spirituale
e che si allontana, ardendo mentre cresce,
davanti ai miei occhi
e diventa in un istante una mela di fuoco,
un bosco dove pascolare come un
bufalo ferito.
Per questo tremavo come per un freddo
Caldo
quando ti attendevo, consumando
sigarette, saliva e pazienza
come un condannato a non morire.
Per questo quando arrivavi era come
se si aprissero
le porte di tutte le illuminazioni e
le vittorie
e mi rendevo conto d’essere uno zar terribile
un diluvio di pietre
una spada automatica in cerca del tuo
sangue.
Ma sempre alla fine, quando fuggivano
i due circoli del tropico,
tornava la calma, la solitudine reciproca
(la realtà come uno schiaffo d’acqua
fredda).
E dopo
ti vedevo scomparire attraverso la
finestra
e verificavo che dalla testa ai piedi tutto
stava morendo
per rinascere nel prossimo incontro.
Agosto 1968
Commenti recenti