Presente
In alto, cimitero maori dei caduti in guerra oltremare nel villaggio di Ohinemutu (Rotorua, Nuova Zelanda), da una mia foto del 10 novembre 2006; in basso, particolare del cosiddetto Sacrario militare di Redipuglia in cui le sepolture di centomila soldati trucidati nel mattatoio della prima guerra mondiale sono disposte in bell’ordine ai piedi di un fittizio Golgota, da una foto di repertorio: ‘presente’ significa che sono stati identificati, e sono 40.000; altri 60.000 non sono stati identificati e giacciono ammassati nell’ultimo gradone in due grandi tombe comuni. Autentico monumento non ai caduti e alla loro memoria ma suggello di stragi insensate e della vanagloria autocelebrativa di apparati militari, religiosi, e di ogni potere terreno: in questo senso la parola presente non significa affatto che essi siano fra noi, significa che ci sarà sempre posto per ulteriori stragi e più diffusi apparati repressivi in grado di assolverle e giustificarle, invece che condannarle: come il comune sentire dei veri presenti invece vorrebbe.
Quando venne intimato l’altolà
ricordò la sua parola libertad
e alla risposta pronta atributo
oltre la breccia fatta con il fango
quasi come automa caricato
completò l’affermazione del hombre
che quel giorno voleva il comandante
quelle parole non aprirono la notte
niente si muoveva nelle pieghe
dell’aria inanimata e senza vento
solo il suo pensiero si chiedeva
come mai la libertà attributo era dell’uomo
se poi dovevano rispondere a comando
a comando uguale senza libertà
passò qualche secondo
qualcuno si agitava
dietro il fango disseccato al vento
di sicuro il padron dell’atributo
o chi per lui avea chiesto la risposta
un sorriso gli spianò la fronte
depose con dolcezza fra quei sassi
polvere cespugli e rapidi scorpioni
fucile giberna giacca cappello d’ordinanza
ed anche la camicia di cotone
poi chiese ancora a quella notte nera
una parola d’ordine diversa hombre
e alla risposta solita cantata atributo
risposte con tutto il fiato ch’avea in corpo
quello rimasto dopo tanto camminare
e tanti indios sgozzati con la lancia
che non valevano il prezzo d’uno sparo
de la libertad
non vide né la palla né il bagliore
ma la sua bocca aperta in quel sorriso
divenne tutt’uno con la terra
aspra e desolata alfin amica
neppure la notte gli contò le dita
ormai era suo quell’attributo umano.
La poesia è stata composta il 20 gennaio1995 a La Plata (Argentina) ed è stata pubblicata nel libro di poesie autoprodotto, ricordi del domani che verrà, se verrà, Grafica Cosentina, Cosenza 2008, p. 22 n.n.: sarà anche compresa nella raccolta Cono Sur, in preparazione, che posso inviare in pdf a chi ne farà richiesta. La prima fotografia è inedita; la seconda è stata pubblicata nel mio Arte sacra dell’inganno/Inganno dell’arte sacra, Adhoc Edizioni, Vibo Valentia 2019, p. 283. L’opera non ha avuto distribuzione per problemi editoriali, salvo le copie d’obbligo in quanto registrata in ISBN: potrà essere pure inviata in pdf a chi ne farà richiesta senza fine di lucro o speculativi ma a scopo di ricerca e di formazione culturale e personale.
Ilario Principe
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