Silvio Ramat, un poeta lirico
Silvio Ramat, un poeta lirico
Silvio Ramat è nato a Firenze nel 1939 e vive a Padova. Le sue raccolte di poesia: Le feste di una città(Quartiere, 1959), Gli sproni ardenti (Mondadori, 1964), Corpo e cosmo (Scheiwiller, 1973), In parola(Guanda, 1977), L’inverno delle teorie (Mondadori, 1980), L’arte del primo sonno (San Marco dei Giustiniani, 1984), In piena prosa (Amadeus, 1987), Orto e nido (Garzanti, 1987), Una fonte (Crocetti, 1988), Serials (Biblioteca Cominiana, 1988), Ventagli (Amadeus, 1991), Pomerania (Crocetti, 1993), Numeri primi (Marsilio, 1996), Il gioco e la candela (Crocetti, 1997), Le rose della cina (Medusa, 1998), Per more (Crocetti, 2000), Mia madre un secolo (Marsilio, 2002), Tutte le poesie 1958-2005 (Interlinea, 2006), Uno di quei rami (Panda, 2008), Banco di prova. Racconto in versi (Marsilio, 2011), Il canzoniere dell’amico espatriato (Nomos, 2012), La dirimpettaia e altri affanni (Mondadori, 2013), Elis Island. Poesie da un esilio (Mondadori, 2015), Fuori stagioni (Crocetti, 2018), In cuor vostro e altri versi (Crocetti, 2019). Un autoritratto è La buona fede. Memoria e letteratura (Moretti & Vitali, 2011). Come critico ha pubblicato: Montale (Vallecchi, 1965), L’ermetismo (La Nuova Italia, 1969), Storia della poesia italiana del Novecento(Mursia, 1976), Protonovecento (Il Saggiatore 1978), L’acacia ferita e altri saggi su Montale (Marsilio, 1986), I sogni di Costantino (Mursia, 1988), Particolari (Mursia, 1992), La poesia italiana 1903-1943. Quarantuno titoli esemplari (Marsilio, 1997), Il lungo amore del secolo breve-Saggi sulla poesia novecentesca (Cesati, 2010).
Abbiamo avuto occasione di leggere e apprezzare l’ultima raccolta di Ramat, In cuor vostro e altri versi, edita da Crocetti (Euro 13, pag. 125). Un lavoro interessante che affronta l’ultima stagione della vita, scritto da un poeta maturo, capace di affrontare le ultime prove e di narrare il senso incombente del trapasso, nella consapevolezza che ogni giorno che passa si resta un poco più soli. Si tratta di un’antologia di inediti che copre il periodo 1999 – 2019, divisa in sei sezioni di diversa lunghezza e tenore: In lungo e in largo, Un Virgilio e un Arcangelo, Gemme della memoria, In cuor vostro, Me compreso, Rima. Tendono alla chiarità le cose oscure, per dirla con Montale, perché Ramat comincia come poeta ermetico per finire con la chiarezza, fino ad attraversare gli impolverati campi della prosa. E in questa ultima raccolta si abbandona al pensiero della morte, per fare esperienza di uno stato successivo al varco, cercando di fare un resoconto ai figli da un oltre che pare ancora così lontano, ma che un domani potrà essere materia di qualche loro sogno. Leggiamo due poesie che ho scelto da una raccolta che è un vero florilegio di perle, già apprezzate sulla rivista Poesia, edita da Nicola Crocetti, della quale Ramat è apprezzato redattore.
Gli appelli
Ventenne, a nome più d’altri che mio
(era tra gli oneri della felice
mia repentina popolarità),
sondavo (in anni che l’autorità
vigeva asciutta, senza cedimenti)
la bonomia (talvolta la bontà)
di qualcuno fra i nostri professori
disposto a dilatare il calendario
dei suoi appelli d’esame.
Io gli illustravo
i motivi fondati della causa:
luglio e novembre erano i mesi utili
al post-appello. Ebbi spesso fortuna:
usando garbo e deferenza, ottenni.
È sepolto quel tempo, e il privilegio
del chiedere per molti, io delegato.
Ormai è sessione perenne e nessuno
più mi esorta a impetrare in suo favore.
Ma ogni tanto ho il sospetto che dall’imo
del petto mi risorga, voce fioca,
il passato: a pregarmi ch’io lo ascolti
appellandosi a memorie vetuste,
a mie mansioni che non sa – l’ingenuo –
esaurite da un secolo.
Finita
senza più code è la nostra partita.
Oggi per me solo dovrei impetrarli
i post-appelli, estivi ed autunnali.
Volentieri mi umilierei, ma a quali
cattedre chiedere udienza lo ignoro.
29 luglio 1919
“Alla vostra età” (ed eravamo in prima
o in seconda, forse) “non si capisce
nulla della vita”. Fra compiaciuto
e amaro un sorrisetto, una scrollata di capo:
così il più giovane tra i nostri insegnanti
di liceo – nemmeno quarantenne,
di Siracusa piovuto in Toscana
come normalista e poi fiorentino –
ci metteva in riga, proni all’altare
del Disinganno.
Ci ripenso adesso
che ho quasi il doppio dei suoi anni di allora:
riconosco a quel nostro educatore
ch’era nel vero. Per di più (e con gioia
lo confesso), a tutt’oggi, non saprei
dire: la vita è questo, e questo, e questo …
Debbo ancora cominciare a capirla.
Soltanto mi sono accorto, guardando
oltre che nel mio piatto in quelli altrui,
che, invecchiando, un oggetto dà bagliori
a carezzarlo, a lustrarlo più spesso.
25 maggio 2014
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