Vincenzo Trama – Cagliosa – di Giuseppe Franza
Giuseppe Franza
Cagliosa
Ortica – 332 pagine – Euro 16
Libro furente, Cagliosa.
Che sta per parabola imprendibile, un tiro a giro che Aniello Porzio – meglio noto come Aniel Delon – prova sempre a scoccare, con risultati indecorosi.
Come indecorosi sono i risultati della squadraccia del Rione Incis Club, compagine ben più che sgarrupata del quartiere Ponticelli, impelagata da sempre nei bassifondi più reconditi del girone C della Terza Categoria. Giuseppe Franza, alla sua opera prima con le edizioni Ortica, dà vita a un affresco corale di personaggi tipo Messi male, ma male veramente; a partire dal suo protagonista, Giovanni Croce meglio noto come Vangò, una vita grama già prima dei trenta: non ha mai conosciuto il padre, campa con furtarelli in zona e ha un talento per il pallone che non mai saputo – o potuto – coltivare a dovere (per esserne certi sempre meglio chiedere a nonno Franchitiello, che anche su questo sa cosa rispondere). Con lui scendono in campo soggetti alienati, che cercano nel calcio equilibri altrimenti impossibili nelle loro sciagurate vite: fra i più memorabili il centrocampista Carmine Basile o’ Paperotto, delinquente di zona con cui Vangò ha diversi scontri, ma che poi gli diventerà amico fra i più fidati; coadiuvato dal guardiaspalle Gigante, è protagonista di uno dei passaggi più memorabili del libro: la liberazione della sorella di un altro calciatore dell’Incis Club, Samil Sawa Siba detto Sasà o’ Cannibale, che era stata rapita dallo spacciatore nigeriano del lotto dieci, tale Oba.
È in questo contesto che i due deporranno le rispettive asce, tornando a darsi una mano nel campo di calcio come nella vita. Poi c’è Silvestro ossia Bitols, attaccante, elegante e amante della buona musica rock, l’unico che non viene dai bassifondi come il resto della squadra, rispettato da tutti proprio perché in realtà è l’unico a giocare con disciplina oltre che indubbio talento, anche perché – per i modi troppo fini, come dice Croce – con loro avrebbe già fatto una brutta fine. E non si può non annoverare anche Prince o’ Piccirillo, per quanto compaia solo verso la fine; tuttavia il suo apporto alla causa sarà fondamentale e sarei davvero curioso di sapere che fine fa questo ragazzo, una volta terminato il campionato. Sedicenne, fratello di Sasà, viene arruolato proprio da Basile e da Croce nel giorno della liberazione di Musa – la famosa sorella, tra l’altro fidanzata proprio con Bitols – quando lo vedono calciare delle sassate micidiali con il pallone in mezzo al niente del degrado urbano.
Potrei parlare anche di Finoglio e Malinconico, rispettivamente presidente e allenatore del Rione Incis Club, personaggi sordidi ma chiave nel ruolo di Croce all’interno non solo della squadra. O di Mariarca detta Marianne, sorella radical hipster della fidanzata di Croce, un sunto in acido di tutti i peggiori cliché delle vestigia alternative, o Damiana, giornalista e addetta stampa dei Boys Collina, che alla fine è l’unico raggio di sole che Croce intravede in questa bruma zeppa di fantasmi, zombies e i mostri peggiori – le prospettive – altro che il mare di Ponticelli. E del resto di tutta l’altra marmaglia che Franza dipana nelle 332 pagine del libro, scoprendone tratti e nervi a poco a poco, mentre procede il campionato che vedrà proprio il Rione Incis Club tra i protagonisti, fino a un finale a sorpresa che non rivelo, pena un’entrataccia da dietro che vi autorizzerei a farmi anche a bocce ferme.
Il libro, suddiviso per capitoli intitolati come le partite che i nostri affrontano durante il campionato, è fitto di dialoghi in cui il dialetto napoletano fa più che capolino – una scelta stilistica che condivido e apprezzo – e che restituisce al lettore uno sguardo molto più onesto e sincero delle realtà di provincia, vere e proprie zone franche in cui è lecito quasi tutto, addirittura cercare di essere felici aprendo un agriturismo a Vatolla, nello sperso montano del Cilento.
Una storia di riscatto, ma senza pietismi o furbate strappalacrime col mare di sottofondo; si riconoscono i drammi del quartiere di provincia, ma con una leggerezza amara che non ammette ammiccamenti a chi si aspetta solo i panni del bucato appesi in mezzo alla via; qui c’è sudore, olio motore e tanta paura di pensare davvero a come sbarcare domani.
Ammorbati come siamo dai noir o dai memoriali anni venti di femmine encomiabili, ci lasciamo sfuggire sotto il naso lavori come questo, iper realistici e in cui si sente forte la cazzimma dell’autore. Si nota che il puzzo della periferia non è macchiettistico, emerge dalla pagina con prepotenza perché Franza viene da lì, non dalla scuola di scrittura in cui cercano di ingegnarti su come rappresentare al meglio il disagio fuori dai contesti dei cocktail fluo a dieci euro, buffet escluso.
E alla fine il rischio è sempre quello; la volta che la cagliosa di Aniel Delon piglia il verso giusto noi siamo voltati da un’altra parte perché ci hanno detto che nell’altro campo si giocava una partita più bella: e così ci siamo persi una rete memorabile, in una cornice d’esultanza che puoi capire solo se non ti sei lasciato suggestionare da quelle facce un po’ così, da quel quartiere un po’ così, dove si parla un po’ così. Le cose vere, insomma.
Ma noi del Foglio Letterario davvero ce le vogliamo perdere?
Vincenzo Trama
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