Vincenzo Trama – Libri di Natale
Palle di Natale, ninnoli, nenie, uomini irsuti vestiti di rosso, cibo, cibo abbestia, puzzo d’ incenso, bambinelli ollalà,sparati sto sette e mezzo, buio, freddo, pennica delle 17 ci si ripiglia alle 20, botti, botti abbestia, ingozzati di cotechino e poi muori, fottiti anno vecchio, evviva anno nuovo.
Natale nei miei ricordi è questo e poco altro: un’orgia caleidoscopica di robe impilate a caso dal quale ci si riprende solo quando si spunta l’ abete, nostalgici eppur sollevati. Finalmente torna la pallosa ma ordinaria quotidianità.
Per fuggire la rissosa gioia di questi giorni e iniettarsi anticorpi che vi aiutino a superare la zuccherina melensaggine dei messaggini di gente che non sentite da ere geologiche (ma che compaiono a Natale come spiriti maligni di Dickens), il vostro buon Trama ha deciso di elargirvi non 1, non 2, ma siori e siore, ben 3 consigli: un album, un racconto e un film. Il tutto ça va sans dire a tema rigorosamente natalizio. O quasi.
Un album: Oi to the world, 1996
Tutt’ attorno è un arroventarsi di luci intermittenti.
Tu hai 15 anni e una voglia di sfondare a craniate l’ ennesimo deficiente che ti augura buon Natale come se avesse senso.
Balle per idioti.
Natale è la zoccola della Coca Cola, l’ ennesima bugia dei fottuti imperialisti, dei capitalisti americani, di tutti gli – isti che come cisti ammorbano il mondo per sfruttare il più debole al soldo del denaro: fuck tha police!
Te la vogliono dare a bere, ma tu non hai ancora le arterie ostruite dal panettone come i tuoi vecchi, sei vigile e cosciente. Però sei solo. Disperatamente solo.
Poi al parchetto, tra una sigaretta clandestina e uno scaracchio, Sboscio tira fuori questo cd e te lo mette in mano.
“Auguri, scemo” ti dice. Sei commosso, ma a 15 anni non si dà a vedere. Sputi a terra e fai un cenno col mento. Una roba tipo stretta di mano, solo più cazzuta.
È il 23 dicembre quando Oi to the worldassaggia il tuo compatto monolite che finge di essere uno stereo. I Vandals sono una punk band che in pochi conoscono, tu men che meno. Sei cresciuto a pane e Nirvana e i Green Day li consideri poco più che scolaretti indisciplinati, altro che le paturnie suicide di Cobain.
Però appena i primi colpi di mitra si esauriscono nell’ attacco di A gun for Christmasgodi strizzando i pugni in aria: sì! Facciamo male a sto cazzo di Natale! Tutto l’ album è un groviglio di dissacranti rime contro i fiocchetti che incartano i dannati regali sotto l’ albero: I don’t believe in Santa Clause Christmas time for my penisgià lasciano pregustare il succo del loro dolce, dolcissimo messaggio. I brani sono corredati dai simpatici coretti e dalle melodie, campanelli inclusi, tipici del Natale. Le accelerazioni punk servono a estremizzare l’ idiozia di una festa così assurda: godi pogando da solo sulle note del celebre Schiaccianoci di Tchaikovsy e niente ti ferma quando C-H-R-I-S-T-M-A-Sscoppia nelle casse coi vicini che battono sul muro chiedendo pietà: no, questa mai, soprattutto non a Natale! Ti plachi con l’ Overture finale, ma solo per spararti meglio nelle orecchie la title track, risalendo in cima al cd alla traccia n. 4. È un vero e proprio inno, l’ unica vera canzone di Natale che vuoi ascoltare: nessuna barriera, nessun confine, nessuna distinzione fino a quando esisterà l’ Oi! Punk e skin insieme, Haji e Trevor a fronteggiare la polizia bastarda e tu, insieme a loro, innaffiato di birra e fumo e adrenalina e poi entra tua madre, spegne ogni cosa a colpi di pannuccia ed estintore e grida: “Ma sei diventato completamente idiota?”.
È così che hai ricevuto il tuo primo cd portatile: come regalo di Natale. Non richiesto. È che ai tuoi genitori delle tue pulsioni ribelli fregava così tanto da indurti a godertele. Però in silenzio.
Perché presto anche l’ adolescenza sarebbe finita, o almeno così loro speravano. E sperano anche adesso, oltretutto.
Un libro – o meglio un racconto – : L’ ultimo Capodanno dell’ umanità, in Fango, Niccolò Ammaniti, edizione Mondadori 1999
Hai 18 anni e ti spaventa tutto, cioè niente. Credi che il tuo futuro sia già scritto, ragion per cui non vuoi arrenderti: davvero sei convinto di fare lo scrittore. I tuoi invece sono certi: sarai uno splendido disoccupato. Non a vita, ovvio. Presto o tardi dovrai anche tu vendere il culo al peggior Belzebù, e allora la farai finita di recitare la parte del comunista filosofo di sto cazzo. Tremi, specie perché fa freddo, è Natale e temi che abbiano ragione: Berlusconi vince, il resto è aria fritta, oltre che baffuta. Fortuna che poi ti capita tra le mani questo libretto che si fregia del titolo dicannibale: non sai cosa voglia dire ma spulciando qua e là intuisci che è una roba da inchiostro punk. Lo ingoi come xanax per abbattere la vertiginosa depressione da 24 e impari quasi a memoria la storia malata di un condominio in attesa di celebrare la notte del 31 dicembre: si tratta del racconto L’ ultimo Capodanno dell’ umanità, che apre la succulenta raccolta. Cristiano e Ossadipesce diventano subito i tuoi idoli e il tourbillon di eventi scanditi dall’ orario, come in un countdown apocalittico, ti gettano in un vortice di ispirazione che ti fa buttar giù in due settimane un fiotto di racconti che poi confluiranno nella tua prima raccolta, pubblicata qualche anno dopo da un editore più folle di te. Oggi non campi di scrittura, ma quando senti i botti di capodanno il primo pensiero – felice, stavolta – va a quei giorni di lettura febbrile, di isolamento forzato godereccio ed eroico: Ammaniti non ti ha indicato la via, ma ti ha salvato da un Capodanno certo più triste. Leggetelo, se siete alla ricerca di un’ uscita dal vostro personale buco nero festivo.
Un film: Babbo Bastardo, 2003
A fare l’ elenco della filmografia natalizia non basterebbe lo Stendardo di Ur: negli anni ’90 ci hanno frantumato coi Gremlinse i suoi sequel Furby, poi è giunta la volta di Mamma ho perso l’ aereo, il treno e altre badilate di amnesie che a livello familiare inquietano, altro che risate. In effetti vedere oggi Macalauy Culkin, sempre più figlio di Satana e meno dell’ americano medio, non è molto rassicurante: comprensibile, dopo le idiozie di copioni che gli è toccato recitare.
Babbi Natale a parte, inclusi improvvisati sostituti, figli, nipoti e vicini di casa, a me l’ unico film che mi fa percepire l’ atmosfera della festa è Babbo Bastardo di Terry Zwigoff del 2003. Sarà per la prestazione magistrale di Billy Bob Thornton, sarà per lo spirito caustico con cui si brutalizzano stereotipi sul nanismo, gli immigrati e i ritardi mentali, ma io in questa pellicola ci vedo molta più genuinità dell’ ennesima cialtronata sullo spirito natalizio e sul siamo tutti più buoni: non è vero, al limite siamo solo più malleabili.
Il Babbo Bastardo in questione è uno scalcinato delinquente che, con un complice nano e di colore, mette a segno rapine in supermercati proprio durante il periodo di Natale, facendosi assumere sotto copertura come Babbo Natale del negozio. Il nano, va da sé, impersona l’ elfo. Succede però qualcosa di imprevisto con il sorvegliante di turno, che reclama, una volta scoperti i due, la sua fetta di torta. Con un Thornton sempre più alcolizzato e un complice sempre meno complice, il piano dei due sembra andare a farsi benedire. (S)fortuna vuole che il primo riesca nel frattempo a sistemarsi in un villozzo borghese all’ apparenza disabitato: qui farà la conoscenza di un ragazzino con qualche paturnia mentale di troppo e una nonna più morta che viva. L’ incontro fra i due cambierà decisamente le sorti dei loro Natali e non solo. E mò basta, che altrimenti sembro un frame di Wikipedia.
Io qualche suggerimento ve l’ ho regalato. Ora se volete sfondatevi pure di torrone, cariatevi l’ anima e andate a ingrassare i commercianti coi loro promo fuffa. Io mi accompagnerò alla gente blasfema, quella che ha in Scrooge un modello di vita. È con loro che fingerò che Natale sia un giorno come tanti, gonfiando tronfio il petto al suon delle campane. Salvo poi tornare a casa e sbirciare sotto l’ albero: chissà quest’ anno che mi avrà regalato mia madre?
Vincenzo Trama
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