Vincenzo Trama – “In brutta” di Giacomo Guantini
Giacomo Guantini
In brutta
Il Foglio Letterario – 180 pagine – Euro 14
Giacomo Guantini è anzitutto un fratello di penna, un compagno di inchiostro che condivide con il sottoscritto la silenziosa tirannia della scrittura, quella germinazione maligna nel sangue di un morbo che ti obbliga a buttar giù storie per stare meglio, rifiatando tra una lettura e l’altra. Te ne accorgi leggendolo che Giacomo è così, sin dai suoi esordi, nel 2003, quando pubblicava La terza strada; il suo narrare a bocca storta, col dialetto livornese che strascica nei personaggi, è un marchio di fabbrica che rende le sue storie vere, sanguigne, racconti di strada e di vie impolverate che Giacomo conosce bene, e che ci restituisce come un vecchio menestrello, solo più anarchico e strafottente.
In brutta esce in questo maledetto 2021 che di speranza ne ha ingoiata tanta e sembra esserne intriso; la storia è quella di una famiglia sui generis, composta da Lido, Leda e il loro figlioletto, Nilo. Campano arrangiandosi, Lido con furtarelli vari e Leda picchiando donne su commissione, ma complici anche improvvisi cecchini che colpiscono a caso – velato riferimento, ma neanche più di tanto, al bastardissimo virus – capiscono che forse è difficile andare avanti così. Forse. Senza rivelare altri dettagli e bruciarvi il libro, In brutta è un romanzo che parla d’amore senza mai essere melenso, descrivendo à la Guantini i rapporti fra società e famiglia in un contesto di disagio più economico che esistenziale. A Lido e Leda in fondo sta bene così, ma c’è da pensare a Nilo. Ed è proprio su di lui che splende una luce fioca, che balugina appena quel poco di speranza che c’è; s’ingrossa nel momento delle nanne, quando il mondo si racchiude nelle storie della buonanotte di Lido, così poco politicamente corrette e così passionali, sincere, accorate. Nel microcosmo di storie che Lido inventa apposta per Nilo si concentra il nucleo di In brutta; la narrazione non è un escamotage per fuggire dalla realtà, ma il tentativo di interpretarla a nostro piacimento, diluendola con parole che sappiamo nostre, soltanto nostre.
Condividerle è un regalo che Guantini ci fa, scostando la tendina del suo momento privato con Lido e Nilo e rendendoci partecipi.
Ecco, se vi capita di leggere Guantini – e fatelo, che ne vale la pena – avrete sempre questa sensazione; di essere a un tavolo con lui, davanti a un bel bicchiere di rosso, e sentendolo raccontare storie, l’accento calcato e la parlata un po’ sghemba, come se vi trovaste in presenza di un vecchio amico. Non aspettatevi per forza che vi rassicuri, o che vi dica ciò che vogliate: i veri amici non fanno così, e neanche i veri scrittori.
Vincenzo Trama
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