Vincenzo Trama – Libri da ferro e fuoco
Ferro Ignique in fatto di libri è un po’ come il Covid di questi mesi: dietro l’ angolo, cugino di terzo grado dello sputo del runner che ci è appena passato accanto. Ci sono una mole di titoli che potrebbero essere squadernati nella rubrica tale da riempirci lo spazio fino a crasharmi word. L’ esigenza, ancora una volta, è stata la pura sensibilità personale: individuare un percorso nel quale suggerire le letture per questo numero, preferendo tipologie a cui do un po’ più del tu.
Il primo libro che consiglio è Brucia la città di Giuseppe Culicchia, prolifico autore che ha il merito di aver scritto fra i più significativi libri di narrativa italiana degli ultimi trent’anni, tra cui ad esempio Tutti giù per terra, splendido ritratto (de)generazionale di ragazzi che oggi hanno 40 e passa anni e una maggioranza governativa quasi del tutto salviniana: una vita cresciuta male, insomma.
In Brucia la città (Mondadori, 2009) Culicchia tinteggia a pennellate roventi un ritratto della sua amatissima Torino, città in cui è nato e che spesso omaggia nei suoi libri. Protagonisti di questo corposo romanzo di 300 pagine sono tre ragazzi nemmeno trentenni che, tra serate da dj’s e strisce di coca, folleggiano fra i quartieri della movida torinese ubriacandosi del niente che li circonda. È un ritratto tanto spietato quanto veritiero che ha anticipato, e non di poco, quel vuoto pneumatico che la metropoli di Milano ha vissuto in fase pre e post Expo, allorché cravattari e presunti affaristi hanno calato le braghe per stuprarne angoli storici in nome del presunto progresso (che altri non è che la verticalità giapponese di Gae Aulenti sputata sulla gobba multietnica del Quartiere Isola). Brucia la città è un libro che ti arde dentro perché senza troppe smancerie tratteggia il destino di una inciviltà senza riconoscenza per un passato sempre più lontano e senza quindi futuro all’ orizzonte. Ciò che rimane sono le ceneri di un’ esistenza che si dissolve nelle solitudini di hangover sempre più tristi: finita la musica non rimane che il silenzio. Che fa più baccano di tutto.
Il secondo consiglio è Punx e creatività (ShaKe Edizioni, 2006) . Non si tratta stavolta solo di un libro, ma di un DVD che presenta una stagione di rivoluzione contro culturale a Milano, la stessa città che oggi arrossisce al pensiero di essere stata sedotta da attivisti punk anarchici, imborghesita com’è nella sua Darsena tutti lustri hipster e freak. Il montaggio del prezioso materiale è affidato alle sapienti mani cyberpunk di Ermanno Guarneri, noto come “Gomma”. A lui e a persone come Marco Philopat si deve la prosecuzione di un’ idea di condivisione culturale nata sul finire degli anni sessanta con Primo Moroni e la sua Libreria Calusca, in un angolo di Ticinese. Punx e creatività articola in 5 documentari la rabbia incendiaria di un movimento che arde a Milano, diffondendosi poi rapidamente in forma batteriologica in tutta Italia. È proprio dal Virus di via Coreggio 18, uno stanzone al piano terra occupato dai punk milanesi, che la narrazione prende mossa: i primi lavori di ristrutturazione artigianale, i concerti dei Wretched, l’ indignazione dei centralissimi inquilini della porta accanto; il Virus diventa in poco tempo il propellente per focolai di altri rivoltosi, non solo in territorio nazionale. Altro documento importante è Questo è il mio sangue, dove attivisti tra cui lo stesso Gomma irrompono durante la conferenza al Palazzo della Provincia“Sulle bande spettacolari giovanili” in una giornata d’ aprile del 1984. Armati di lamette si taglieranno davanti alla folta platea compostamente scossa, rivendicando il diritto ad avere idee non strumentalizzabili. Fra i montaggi della compianta Betty 23 Altomare, cui è dedicato il DVD, morta durante un incendio “misterioso” allo SQUOT.T. di Milano, spezzoni dei concerti al virus dei vari Wretched e Quinto Braccio, Punx e creatività mostra senza pentimento l’ ultima brace di una contestazione destinata a estinguersi nell’ ammorbarsi liquido di un modello berlusconiano in piena ascesa. Oggi, vedendo com’è messa Milano e la Regione, sorrido, anche se solo amaramente: modelli vincenti? No, solo più patinati. E quasi commissariati.
Andiamo per il terzo e ultimo consiglio con un titolo più leggero, anche se non in apparenza. È vero infatti che l’ horror non è proprio il genere più indicato per favorire la classica pennica estiva, ma è pur vero che spesso la realtà è di gran lunga più spaventosa. La Christine di Stephen King è pan di zucchero in confronto a certi noti speculatori che non hanno nemmeno la scusante del disagio psichico tanto cara al maestro dell’ orrore, forse in comune, ecco, una certa affiliazione al demonio, quella sì un po’ più plausibile – e spaventosa –.
Del bel libro targato 1983 credo si sia detto un po’ tutto ovunque, come della pellicola dello stesso anno diretta da un altro maestro dell’ orrore, John Carpenter. Siamo nella classica cittadina rurale degli U.S.A, Arnie è il classico sfigatello da liceo provinciale e Roland D. LeBay il classico Voland che consente ad Arnie di sfogare i propri istinti bestiali comprandogli l’anima per un ammasso di ferraglia che il nostro piccolo antieroe ribattezzerà Christine. Le pulsioni ormonali (leggasi adolescenza) che esplodono in maniera funzionale alla narrazione di King (leggasi sangue e morte) grazie a un medium amplificante (leggasi mamme pazze, animali morti o macchine possedute) sono un espediente che il Nostro ha utilizzato con tanta fortuna nel corso della sua carriera, regalandoci emozioni forti nell’ età che più di ogni altra chiede un’ affermazione di sé; insomma, se volete sentirvi per un attimo ancora nell’ età dell’ acne e volete che un po’ di ferro metta a fuoco le vostre vecchie paure, leggete o rileggete Christine la macchina infernale: di sicuro vi intratterrà.
I miei two cents li ho giocati anche a questo giro, ora tocca a voi. Avreste dei libri Ferro ignique da consigliarci? Fatecelo sapere, o che Christine vi porti!
Vincenzo Trama
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